Fondata nell’estate del 1999 come Divisione Trasmissione e Diffusione. Avviate le attività a marzo del 2000, quando la Rai le delegò il compito di operatore di rete; dovrebbe durare almeno fino al 2030. Possiede e gestisce la rete di diffusione del segnale radiotelevisivo della Rai, curandone anche la manutenzione. Stiamo parlando di Rai Way, una Spa con un capitale sociale di oltre 70 milioni euro, diviso in 13.600 azioni da 5,16 euro l’una. Tutte della tv di Stato. Rai Way Possiede oltre 2400 siti con un organico di 650 addetti, tra tecnici e ingegneri.
A governare la società ci pensa un cda di 7 membri con valenza triennale. Dunque c’è da presumere che l’ultimo Consiglio, entrato in carica nell’estate del 2007, è stato interamente prorogato.
Il presidente del cda è Francesco Di Domenico. Egli, insieme all’ad, predispone le strategie aziendali da sottoporre al cda e ne verifica l’eventuale attuazione. L’ad è Stefano Ciccotti. Egli ha il potere di gestione dell’ordinaria amministrazione. Inoltre elabora e presenta al cda le proposte di budget e di bilancio, nonché la designazione di amministratori, sindaci e revisori da nominare in società partecipate. Inoltre l’ad può stipulare, modificare e risolvere atti, convenzioni e contratti che non superino il valore di 1 milione di euro; può assumere e licenziare il personale ad esclusione dei dirigenti; può ingaggiare consulenti per un incarico non superiore ad un anno e per una spesa nei limiti di 200 mila euro per ogni singolo contratto o incarico. Gli altri consiglieri sono Franco Modugno, Cesare Bossetti, Luca Balestrieri, Giovanni Galoppi, Marco Zuppi. Il dg è Aldo Mancino. Una precisazione va fatta su Balestrieri. Egli è anche consigliere di Tivù Srl, la piattaforma digitale e satellitare, e di Dgtvi (l’associazione per lo sviluppo del digitale terrestre a cui aderiscono Rai, Mediaset, TIMedia, Dfree, ovvero il multiplex di Tarak Ben Ammar che veicola i canali pay di Mediaset, Frt e Aeranti Corallo).
Passiamo ora al collegio sindacale. Esso è composto dal presidente Giulio Andreani, dai sindaci effettivi Maurizio Mancianti e Pietro Pilello, e da quelli supplenti Roberto Munno e Marcello Ronconi.
Ultimamente si parla di vendere gli asset “negativi” Rai Way. Si tratterebbe solo delle torri di trasmissione e non delle frequenze. Non si tratta di una novità. Già nel 2001 si ipotizzò una vendita, allora integrale. Allora il presidente era Zaccaria e il dg Cappon. Si erano già incassati i soldi della Crown Castle (un operatore di rete internazionale): 800 miliardi di lire per il 49%. Ma (come ci ricorda La Repubblica di qualche giorno fa) «il governo Berlusconi di allora, e per lui il ministro delle Comunicazioni Gasparri, mise il veto». La Rai, quindi, restituì i soldi.
Se ora il piano dovesse attuarsi, quanto potrebbe incassare la Rai da tale vendita, fermo restando che le frequenze rimarrebbero del servizio pubblico?
Secondo quanto ha riportato qualche giorno fa La Repubblica, non tanto: «I 400 milioni di euro per il 49% di allora sarebbero una cifra anche abbondante per il 100% ai corsi attuali». Il motivo? La presenza delle EI Towers di Mediaset. Competere con il Biscione, soprattutto dopo la «definitiva assegnazione delle frequenze di 2 settimane fa non è compito agevole. Per averne la riprova basta chiedere a Gianni Stella che sta cercando acquirenti sia per La7 sia per Timb, ossia il corrispettivo di Raiway in Telecom», precisa la Repubblica.
E poi a mettere i bastoni tra le ruote ci sarebbe anche la Libersind Confsal, un sindacato autonomo della Rai. «Giù le mani da Rai Way e dal servizio pubblico», ha ammonito ieri il sindacato in seguito ad una ipotesi di fusione tra le EI Towers e Rai Way fatta da Il Sole 24 Ore. Per Libersind Confsal si tratta di una società che «non ha nella sua missione la ricerca del massimo profitto economico, piuttosto quello di garantire che tutto il territorio italiano sia raggiunto e servito dai segnali del Servizio Pubblico Radiotelevisivo come richiesto dal contratto di servizio stipulato tra la Rai e lo Stato Italiano». Dunque il Libersind Confsal «rifiuta totalmente qualsiasi scenario di privatizzazione di Rai Way. Sarebbe ingiustificabile, a meno che non si voglia fare un regalo a qualcuno».
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