Il Senato voterà sul nuovo consiglio d’amministrazione Rai il 26 settembre prossimo. Tra poco meno di quindici giorni si conoscerà il futuro di viale Mazzini. C’è un presidente da nominare e dei nuovi consiglieri da indicare nel Cda. Ma, soprattutto, c’è da dipanare la matassa dello scontro feroce tra il governo di centrodestra e le opposizioni con la sponda del sindacato interno Usigrai. E proprio il sindacato dei giornalisti Rai ha rilanciato le accuse nei confronti dell’esecutivo parlando di stallo nel servizio pubblico. “Leggere che il Servizio Pubblico radiotelevisivo si trova nella palude per i veti incrociati dei partiti è kafkiano. Un’azienda immobile che non ha ancora dato avvio al piano industriale, che riduce progressivamente i propri organici – aumentando la quota di lavoro in appalto – e che non è nemmeno in grado di fare le cose più semplici. Un esempio su tutti: in molte sedi e centri di produzione la Rai non ha più nessuno che porti in officina le auto aziendali per la manutenzione o il cambio gomme”, ha dichiarato in una nota l’esecutivo Usigrai. Che rincara la dose: “Se la Rai non è in grado di trovare una soluzione a un problema così banale, ci si può immaginare sul resto -prosegue la nota Usigrai- Un’azienda che anziché bandire una selezione pubblica per colmare i vuoti di organico nelle testate e garantire la mobilità interna, continua ad avallare il ricorso a prime utilizzazioni nei programmi di rete. Decine e decine di giornalisti ingaggiati vista della prossima stagione con contratti a partita Iva e senza alcuna trasparenza e che, immancabilmente, porteranno a future vertenze”. La vicenda non si ferma qui e l’assalto al governo è frontale: “Ecco, questa è la Rai del cambio di narrazione: fuga di volti noti, interviste à la carte a ministri, perdita di telespettatori, piano industriale al palo, nessuna trasparenza nella selezione del personale. L’unica via di salvezza per la Rai è applicare l’European Media Freedom Act, cambiare la legge di governance che la riforma Renzi ha messo totalmente nelle mani dei governi di turno, garantire autonomia dalla politica e certezza di risorse perché la Rai torni veramente ad essere dei cittadini”.