I CDR – “Parlare di riorganizzazione significa parlare innanzitutto di prodotto. Come sottolineato dall’Usigrai, le voci che in questi giorni si sono rincorse su possibili accorpamenti di testate non possono essere prese in considerazione se prima non si chiarisce come dovrà essere impostata l’offerta informativa del Servizio Pubblico”. E’ questo il contenuto della nota diramata dai CdR di Tg1, Tg2, Tg3, Rainews24, Giornale Radio, Rai Parlamento, Rai Sport, Ufficio Stampa e Coordinamento dei CdR della TgR. “Accorpare per accorpare – continuano- sembra soltanto un escamotage per fare tagli lineari che portano risparmi marginali o favorire qualche direttore amico. Se davvero viale Mazzini ha intenzione di riformare finalmente l’informazione Rai, si confronti con i CdR e l’Usigrai, senza dimenticare che sono i giornalisti quelli che poi fanno informazione. Qualità, autorevolezza, diversificazione, sono punti per noi irrinunciabili. Se davvero viale Mazzini intende risparmiare, allora non acquisti da società esterne programmi realizzabili con risorse interne, razionalizzi le spese con processi trasparenti e mirati alla produzione, senza trincerarsi dietro un fantomatico segreto industriale che chiude ad ogni ipotesi di controllo”. “I budget dei telegiornali rappresentano – concludono i CdR – voci di spesa piuttosto basse rispetto al bilancio dell’Azienda, eppure i Tg sono l’asse portante del servizio pubblico: siamo certi che una riforma sia necessaria ma per liberare la Rai dai partiti e dai governi, per non permettere la creazione di centri di potere e, soprattutto per offrire un prodotto ancora migliore ai cittadini. La Rai è un bene pubblico, non dimentichiamolo mai”.
PAROLA AL SINDACATO – “Quella delle indiscrezioni a getto continuo non é una politica. Tanto meno lo é se riguardano un’azienda di servizio pubblico. Se davvero c’é un piano per riformare la Rai, lo si metta sul tavolo in maniera chiara e trasparente”. Parla cosí la Federazione nazionale della stampa, e poi continua. “Ogni discussione sull’attuale tripartizione dell’informazione radio televisiva e sul suo eventuale superamento rischia di essere esercizio dialettico di un confronto per vie mediatiche (quasi per vedere l’effetto che fa) molto antico e neanche tanto utile. Piu’ che muovere le acque, serve sapere se c’e’ una ridefinizione di missione, un modello complessivo di riassetto, una prospettiva reale di futuro di un piano che si proietti nel tempo, garantisca l’autonomia e la forza del servizio pubblico, lo liberi da vincoli impropri e lo rilanci soprattutto sui filoni dell’informazione e della rappresentazione plurale della vita civile e culturale del Paese”.
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