RAI, GUBITOSI VUOLE “SVECCHIARE” L’AZIENDA. PRONTO PIANO PER GLI ESODI. POSSIBILE ACCORDO PER VENDERE LE PRODUZIONI ALL’ESTERO

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Luigi Gubitosi, dg della Rai, ha varato un piano per rinnovare il servizio pubblico: mandare in pensione i dipendenti anziani e assumere i giovani; aumentare la produttività ottimizzando la divisione del lavoro; incentivare con premi di produzione e aumenti in busta paga i contratti “flessibili”. Ma c’è da trattare con i sindacati. Il consigliere Rai, in quota Udc, Rodolfo De Laurentiis, avverte: «Non servono cure da cavallo. Bisogna solo tagliere i costi inutili, come la burocrazia e i canali “doppioni”». Intanto la Rai si attiva sul piano internazionale. Possibile un accordo con l’Ebu (European Broadcasting Union) per vendere le produzioni Rai in Europa. Si parla di una partecipazione tramite la controllata della tv di Stato, Rai World. Centrali, per questo business, le figure di Claudio Cappon e Pier Luigi Malesani, manager già noti all’azienda del Tesoro.
Ma procediamo per ordine. A Viale Mazzini si pensa ad una sorta di “patto generazionale”: mandare in pensione i dipendenti più anziani e assumere i giovani. Il fine è duplice: diminuire il costo del lavoro (si sa che un neo assunto costa meno di un dipendete “datato”) e ridare slancio creativo e innovazione al servizio pubblico.
Ma c’è da contrattare con i sindacati, tra cui l’Usigrai, il sindacato dei giornalisti Rai. Nella tv di Stato la maggior parte dei redattori sono “over 40”. In ogni caso le associazioni di categoria chiederanno delle garanzie. E a darle dovrà essere il dg Rai, Luigi Gubitosi.
Il manager napoletano sta pensando a degli esodi volontari. Una sorta di prepensionamento incentivato. E per tale politica avrebbe messo sul piatto un fondo di 50 milioni, finanziati tutta dal servizio pubblico.In tal modo la Rai avrebbe 600 o 700 dipendenti in meno sul “groppone”. E si tratta di quelli più costosi. Ricordiamo che il costo del lavoro a Viale Mazzini viaggia sul 1 miliardo di euro. Tale cifra assorbe buona parte dei ricavi.
Per quanto riguarda i contratti di lavoro per i nuovi entranti e non, il diktat di Gubitosi sembra la flessibilità. Una parola tanto bella quanto indeterminata, quindi potenzialmente pericolosa in quanto suscettibile di interpretazioni diverse. Il dg starebbe pensando anche di pagare di più i dipendenti, 100 euro al mese, a patto che questi garantiscano, appunto, più flessibilità. Inoltre, in presenza di eventuali utili, parte di questi sarà distribuita proprio ai dipendenti come “premio”.
Ci sono nuove idee anche per ottimizzare la produzione. Il dg vorrebbe accorpare più funzioni ed ottimizzare il processo di produzione. Ciò significa fare le stesse cose, o meglio di più, con meno personale e quindi meno costi. Una soluzione che potrebbe apparire cinica. Ma se si pensa che Mediaset ha la metà dei dipendenti della Rai e Sky ne ha un terzo, la prospettiva cambia.
Bisogna precisare che le idee di Gubitosi sono ancora indefinite sui dettagli. E inoltre, come detto in precedenza, ci sarà sempre un confronto con tutte le sigle sindacali presenti nell’azienda del Tesoro.
All’interno del cda sono tutti consapevoli che il servizio pubblico ha bisogno di una ristrutturazione generale. Ma sulle modalità è più difficile mettersi d’accordo. Lo dimostra Rodolfo De Laurentiis, consigliere in quota Udc da 4 anni, ed ex commissario in Vigilanza. De Laurentiis, in un’intervista sul Messaggero, dice la sua su “mamma Rai”. Per quanto riguarda il piano degli esodi, il centrista precisa che non basta risparmiare sul costo del lavoro, né tantomeno sui prepensionamenti. Ma bisogna ristrutturare completamente l’azienda, eliminando le strutture e i costi inutili: burocrazia e canali doppioni in primis. «I canali digitali della Rai sono 14, troppi. La tv francese ne ha 8. Quella tedesca 6. Nella tv di Stato ci sono troppi doppioni», ha precisato De Laurentiis. Non manca una puntatina su Mauro Masi, dg Rai nel 2010, che rescisse il contratto con Sky per l’utilizzo dei programmi del servizio pubblico. «Masi sbagliò. Io mi opposi. Il contratto ci garantiva 50 milioni l’anno per 7 anni», ha dichiarato De Laurentiis. Dunque del consigliere dell’Udc, da buon moderato, non arrivano soluzioni sensazionali, ma una visione cauta della situazione: «Nel 2013 risparmieremo 120 milioni di diritti sportivi. Cercheremo di ridurre l’evasione. Il tutto riducendo gli sprechi. Per salvare la Rai non servono cure da cavallo».
Ma in ogni caso chi pensa ad una Rai attenta solo a risparmiare sbaglia. La tv di Stato sta pensando ad un business interraziale entrando nella Mhe (Media House Eurovision), un società intermente controllata dall’ Ebu (European Broadcasting Union). L’obiettivo sarebbe quello di vendere le produzioni italiane, soprattutto quelle relative al Vaticano, all’estero. In altre parole si tratterebbe della stessa mission che ha Rai World. La quale, precisiamo, diffonde i programmi Rai nel mondo.
Ma cerchiamo di spiegarci meglio, specificando le società agenti nella vicenda. Iniziamo dall’Ebu. Questo è un ente associativo internazionale delle tv europee. Ma ci sono, classificati come associati, anche degli operatori extracomunitari. È stata fondata nel 1950. E la Rai, unica emittente italiana che ne fa parte, è presente nell’ente proprio da quell’anno. Nel suo genere, l’Ebu più grande associazione al mondo. Bisogna precisare che non fa parte dell’Unione Europea. Ma interseca le sue attività con Eurovision, organismo internazionale che regola tutti gli scambi radiofonici e televisivi nel Continente.
Precisiamo, per onor di cronaca, che sia l’Ebu che Eurovision hanno sede a Ginevra.
Ma parliamo ora degli “attori” di questo affare. Protagonista principale è Claudio Cappon, “storico” manager della Rai, già due volte dg, e ora presidente di Rai World, la società che diffonde il meglio del servizio pubblico nel mondo. Ma Cappon è anche il vicepresidente dell’Ebu che controlla interamente la Mhe la quale è presieduta da Pier Luigi Malesani, predecessore di Cappon a Rai World.
L’obiettivo, come detto in precedenza, è quello di trasmettere i canali Rai, in particolare le produzioni relative agli eventi religiosi, nei Paesi dell’Ue sprovvisti del segnale. E qui entra in gioco Rai World. Chi meglio della società che veicola i programmi Rai nel mondo può farlo? Ecco che potrebbe essere proprio la società presieduta da Cappon ad entrare nel capitale della Mhe con un pesante 50%. Sarà un buon affare?

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