L’Antitrust ha autorizzato la fusione tra le società editrici dei quotidiani La Repubblica e La Stampa; operazione che tecnicamente avverrà con l’acquisizione da parte del Gruppo editoriale l’Espresso della società Italiana editrice. Due importanti quotidiani, anzi tre, nell’operazione è incluso anche il Secolo XIX di Genova, ed un’unica proprietà: la conseguenza di una crisi che rende necessario cercare sinergie. Sul fronte della concorrenza, quindi, un’operazione legittima e probabilmente necessaria. E su quello del pluralismo? Nessuno ne ha parlato, anzi nessuno ne parla. E a testimonianza della scarsa attenzione al tema basti vedere l’atteggiamento che ha avuto l’altra Autorità, quella per le garanzie nelle comunicazioni, rispetto a questa operazione. Quando i due gruppi hanno annunciato l’accordo, negli uffici di Via Isonzo il panico: non avevano a disposizione i dati per valutare, quantitativamente, l’eventuale violazione dei limiti antitrust posti dalla legge. Infatti, da anni le imprese non comunicavano più le tirature; centinaia di dati, si, ma le tirature no; peccato che una legge vigente prevedeva che il limite andasse computato proprio sulle copie stampate. Poco ci è voluto per reintrodurre l’adempimento ed i numeri sono andati in ordine; nessuna violazione della norma antitrust per i quotidiani: questo per il dato quantitativo. E per quello qualitativo? Nulla di nulla, nessuna analisi di un sistema che stava collassando, nessuna indagine sulla incredibile concentrazione del settore della distribuzione, dove praticamente in tutta Italia i distributori locali agiscono in condizioni di monopolio. Nessuna analisi sulle dinamiche del costo del lavoro e sulla sostenibilità del contratto nazionale di lavoro giornalistico per le imprese editrici, nessuna parola sull’impressionante serie di chiusura dei quotidiani in Italia; anzi qualche parola di vanto per quei giornali chiusi a seguito di attività ispettive della stessa Autorità, all’italiana, ossia senza alcun giudizio di merito, basta l’accusa per fare il colpevole. Con la fusione tra il gruppo di De Benedetti e quello degli Agnelli deriveranno benefici per i conti delle imprese coinvolte; e questo è un bene in un’economia di mercato. Ci sarà minore pluralismo, e questo è un male, per la democrazia. Ma su tutto arriverà il silenzio imposto dall’ennesimo convegno su editoria digitale ed informazione n punto zero. Tanto quello che è vero, poco conta.
Enzo Ghionni
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