Quel redditizio mestiere dell’antipolitica

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Fabio Fazio e Luciana Litizzetto
Fabio Fazio e Luciana Litizzetto

 

Sparare a zero contro i (mal)costumi della politica è abitudine secolare. “Piove, Governo ladro” e la responsabilità di tutti i guai si allontanano dal cittadino. Quando poi sono i politici stessi a garantire un enorme riscontro con usi e (mal) costumi degni di satrapi e dittatori da operetta, con relative corti dei miracoli, la rabbia dell’uomo comune – quello di Giannino per intenderci – si ampia a dismisura. A fronte della domanda di sdegno si apre un’offerta, è il mercato bellezza! di uomini duri e puri che rendono all’esasperato italiano giustizia, passando alla gogna del pubblico lubridio i pubblici governanti; ma del mal comune ne esce un ricco gaudio per il portafoglio di taluni, pronti da mediatici palpiti a spiegarci come stanno le cose, e tutti lì, a prendere appunti, evviva la morale. Il buonismo la fa da padrone, sguardi sempre ammiccanti quando si ha di fronte il cialtrone da impallinare, politico chicchessia, se poi c’è quella elle in più, apriti cielo. Mestiere difficile quello dell’antipolitico di mestiere, ma non chiamatelo così, lui vi dirà che lui è impegnato civilmente socialmente nella propria professione, a volte, addirittura, il lavoro si trasforma in missione. La difesa dei poveri è sempre lì, non ne vedrete uno solo che, prendendo dalla distanza dalla politica, non dedichi profluvi di costosissime parole a tutela dei diritti civili, umani, milioni di euro per spiegare alla gente perché non arriva alla fine del mese. E la claque acclamante porta ascolti, audience, consenso, copie, trasforma gli uomini in eroi e nessuno tocchi il declamatore di pubblici vizi e private nefandezze. Poi, figuriamoci, se in ballo ci sta la Rai, l’azienda pubblica per eccellenza, privatistica quando conviene, pubblica quando serve. I missionari dell’antipolitica fanno audience e mettono in ordine i conti aziendali, i loro programmi sono in utile ed i compensi sono dovuti. Nessuno che si alza a dire che è ben difficile fare un programma in prima serata in perdita, a quell’ora i ricavi sono garantiti dall’audience di un italiano su due davanti alla tv. E’ la guerra tra ricchi, ma non chiamateli così, la loro è solo una missione.

 

 

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