QUEI PARERI SULLA RAI CHE DIMENTICANDO ‘LA GASPARRI’

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Tutti i partiti hanno una ricetta per il futuro della Rai, ma basterebbe leggere la legge Gasparri per annullare un dibattito fittissimo.
Il Pd mantiene la linea “ormai storica” secondo cui la Rai non va privatizzata. Da quando la proposta è divenuta di dominio comune i democratici hanno sempre messo il veto.
Per Fabrizio Morri, capogruppo Pd in Vigilanza, l’azienda di Viale Mazzini va riformata e non privatizzata. Per il democratico “alienare” la tv pubblica sarebbe «una stupidaggine perché nessun paese europeo ha fatto scomparire il proprio servizio pubblico. Dalla Bbc alle tv francesi e tedesche, il servizio pubblico gioca un ruolo cruciale nel garantire il pluralismo nell’informazione e la coesione culturale e sociale». Inoltre Morri giustifica la sua tesi con un assioma sulla concorrenza: «una buona tv pubblica rende migliori anche quelle private».
Fa coro l’Idv che sottolinea i “deragliamenti” della tv pubblica negli ultimi anni. Per Pancho Pardi, capogruppo Idv in Vigilanza, la Rai non va venduta. «Dovrebbe essere, però, un vero servizio pubblico e non il servizio privato che la Rai ha fatto a Berlusconi per vent’anni, anche quando governava il centrosinistra». Pardi ne ha anche per Maroni. Il leghista ieri ha rivendicato la presidenza della Rai in quanto la Lega è l’unico partito di opposizione. «Se la Lega vuole la presidenza del cda Rai chiedendo, quindi, di essere trattata come opposizione, in quanto opposizione deve mollare la presidenza delle commissioni di Camera e Senato che aveva ottenuto come maggioranza», ha risposto Pardi.
Anche Angelino Alfano (foto) ha riflettuto sulla proposta della Lega. «Sul piano giuridico formale il ragionamento non fa una grinza ma non imposterei il problema in termini di poltrone, ma di prodotto». Per il segretario del Pdl si parla troppo spesso di ruoli dirigenziali anziché di cambiamenti sostanziali dell’azienda. Fatto sta che a volte sono le poltrone a fare il prodotto.
Intanto domani ci sarà un cda e un incontro tra Vigilanza, il dg Lei e il presidente Garimberti. Forse un’altra “tappa” per la ristrutturazione di cui si sa solo che è necessaria e urgente. Per il resto solo idee. Forse troppe.
Il cda di domani ascolterà Mauro Mazza, direttore di Rai1, per parlare dell’andamento della rete ammiraglia. Una riunione di sicura non lunga visto che alla 15 ci sarà l’audizione in Vigilanza.
È questo il vero appuntamento fondamentale dove si affronteranno i temi più delicati. E c’è ne sono tanti. C’è solo l’imbarazzo della scelta: privatizzazione, tetto ai compensi dei dirigenti, canone speciale, conti in rosso, sedi estere, riforma governance, caso-Celentano.
Il Pd sottolineerà alcuni argomenti “scomodi”: i 700 mila euro persi (a detta della Sipra) a causa dello “sforamento” di Celentano e il tetto agli stipendi dei dirigenti Rai. Per il Pd non c’è chiarezza sulla soglia massima di retribuzione dei dirigenti della tv pubblica che, essendo posseduta dal Tesoro, è un’azienda statale e non può costituire eccezione al tetto fissato da Monti per la pubblica amministrazione.
Certo è che a giudicare dalla dissonanza dei partiti il Parlamento potrebbe impiegare secoli per partorire una riforma condivisa. Seguire i dettami della Gasparri sarebbe la cosa più semplice. È già tutto scritto. Il comma 3 dell’articolo 21 della suddetta legge prevede la dismissione della partecipazione dello Stato nella Rai. La legge è del lontano 1994 e recita: «il procedimento per l’alienazione della partecipazione dello Stato nella RAI-Radiotelevisione italiana Spa. Tale alienazione avviene mediante offerta pubblica di vendita». La Rai dovrebbe essere già privata da un bel po’.
Egidio Negri

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