Stando agli spifferi e soprattutto ai termini consegnati alla politica dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, oggi dovrebbe prendere forma (o naufragare) l’ipotesi del governo Mazinga, o giallorosso, comunque tra il Pd e il M5S.
Il grande tema dell’editoria, ancora una volta, non pare sul banco. Almeno, non su quello principale. Ma la stampa italiana (e internazionale) guarda con interesse agli sviluppi di quella che sarà la vicenda. Non è un mistero, tutt’altro, che la sinistra italiana e il mondo Cinque Stelle abbiano idee differentissime sul pluralismo e sul futuro dell’editoria nazionale. L’iniziativa del sottosegretario Vito Crimi degli Stati Generali dell’Editoria, anziché unire, ha talora esasperato gli animi al punto che alcune e importanti sigle e organizzazioni hanno deciso di non prendere posto al tavolo di concertazione.
Le prossime ore saranno decisive. Il tema del finanziamento e del contributo alla stampa è tra quelli capaci di infiammare i rapporti tra le forze politiche. Per il M5S, erede di una cultura giacobina e iconoclasta risalente ai primi anni ’90, va azzerato. Il Pd, invece, riconosce allo Stato il diritto dovere di sostenere le testate, spesso piccole, rappresentative di minoranze, di opinioni politiche e religiose e, ancora di più, uniche voci presenti sui territori. Quale sarà il destino del lavoro voluto da Vito Crimi?
Dunque, seppur non centrale nel dibattito pubblico generale, il campo dell’editoria darà importanti indicazioni sul futuro e sugli equilibri del nuovo governo, qualora dovesse effettivamente vedere la luce.
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