“L’industria dello spionaggio ormai è trasversale e onnipresente. Con l’avvento della sfera digitale i rischi di violazione della privacy e dei giornalisti sono esponenzialmente aumentati a causa della natura diffusa e pervasiva delle tecnologie telematiche”. Lo ha detto il segretario Fnsi, Franco Siddi, in occasione della Conferenza di Londra (15-18 ottobre), organizzata dalla IFJ, incentrata sull’impatto della sorveglianza di massa sulla libertà di stampa e sulle misure concrete al fine di salvaguardare i giornalisti e le loro fonti. “Noi siamo per una stampa libera di funzionare e mezzi di comunicazione con giornalisti protetti – ha detto il presidente IFJ, Jim Boumelha, aprendo i lavori – Chi vuole scardinare questi valori, mina valori democratici. Si tratta di uno sviluppo molto preoccupante delle attività di spionaggio e controllo dell’informazione a cui i giornalisti, internazionalmente, devono dare una risposta”. Siddi ha invece spiegato che “circa l’80% delle nostre attività ha una proiezione digitale, abbiamo una sorta di clone: una digital persona che va in giro per la rete e racconta chi siamo, cosa facciamo come pensiamo. I cassetti di questa identità sono le poste elettroniche e l’industria dello spionaggio telematico crea in continuazione nuovi rovistatori in grado di frugare dentro la nostra privacy e svelare segreti di natura privata e professionale”. “L’Italia – ha proseguito il segretario Fnsi – è l’unico Paese occidentale dove il principale operatore telefonico aveva una squadra di hacker che penetrava nella mail di giornalisti ostili, come ha fatto il Tiger Team di Telecom nei confronti del vicedirettore del “Corriere della Sera” Massimo Mucchetti. E siamo un Paese dove si è scoperto un mercato nero di tabulati telefonici venduti da personale delle forze dell’ordine a prezzi persino modici. Per non parlare di altri casi discussi. E’ preoccupante la progressiva riduzione delle garanzie previste per lo spionaggio commesso dai servizi segreti. E’ noto lo scandalo dello spionaggio di D’Avanzo firma di Repubblica, spiato nel 2006 in merito alla vicenda del Sequestro dell’Imam Abu Omar avvenuta da parte di una fazione dei nostri servizi”. “Conserviamo invece con ostinazione – ha concluso Siddi – l’idea che il rispetto dei diritti fondamentali debba ancora essere una delle principali discriminanti tra i regimi democratici e quelli illiberali”.(ANSA)