PROCESSO MEDIASET. IL PM CHIEDE 3 ANNI E 8 MESI PER BERLUSCONI

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È ancora una volta qui, sul banco dell’accusa, la toga un po’ sbilenca a proseguire imperterrito un lavoro cominciato ormai quasi quindici anni fa: la caccia ai fondi neri del gruppo Fininvest e delle varie attività imprenditoriale che fanno capo a Silvio Berlusconi. «Per questi motivi – scandisce le parole il pm Fabio De Pasquale in piedi accanto al collega Spadaro – chiedo la condanna dell’imputato Silvio Berlusconi a 3 anni e 8 mesi per frode fiscale… stessa pena per l’uomo d’affari Frank Agrama. Tre anni e 4 mesi, invece, per l’imputato Fedele Confalonieri».
Il processo per la compravendita fraudolenta dei diritti tv Mediaset è arrivato ieri alla requisitoria finale. Il pm De Pasquale è riuscito a pronunciare la requisitoria di un processo iniziato il 28 ottobre 2005. Non è un refuso. Tutto vero: sette mesi per arrivare alla sentenza di primo grado. In mezzo ci sono due lunghe interruzioni – quasi due anni per lodo Alfano e legittimo impedimento – varie eccezioni, cambio di collegi, ricusazioni di giudici, eccezioni di costituzionalità, modifiche in corso d’opera del codice penale. Per dire: nel 2005 tra i reati contestati c’era anche il falso in bilancio. Dal 2002 quel reato non c’è più. Depennato, per l’appunto, dal secondo governo Berlusconi. Non a caso dei reati iniziali – appropriazione indebita, falso in bilancio, ricettazione, riciclaggio – è rimasta solo la frode fiscale e solo per il triennio 2001 e il 2003. Quaranta milioni di euro di costi gonfiati, dice l’accusa.. Il resto se l’è già mangiato la prescrizione.
«Una richiesta assurda» commenta Berlusconi. «Ero premier, e dove avrei trovato tempo e modo per interferire su Mediaset per eludere il fisco per una cifra inferiore all’1% dell’imponibile dichiarato?»
Il processo sulla compravendita dei diritti tv è uno dei filoni usciti da quel pozzo senza fine che è stata la scoperta del Group B della Fininvest, carosello di una trentina di società offshore tutte riconducibili a Berlusconi e alla Fininvest create dall’avvocato Milis per creare provviste per le tangenti, il cosiddetto nero. L’accusa è convinta che tra il 1994 e il 1998, attraverso «catene di vendite fit-tizie» i costi della compravendita dei diritti televisivi sarebbero stati gonfiati per circa 368 milioni di dollari su un volume di acquisti di circa un miliardo.
«La storia degli acquisti dei diritti tv da parte di Mediaset – ha spiegato il pm – affonda le sue radici negli anni ’90 con il gruppo B Fininvest, ossia quella immensa struttura di società estere, tra cui quelle maltesi che hanno preso parte alle transazioni fittizie sui diritti tv per gonfiare i costi». La svolta, secondo l’accusa, «è arrivata con la dimostrazione che quelle società segrete erano di Berlusconi in quanto persona fisica. Lì sopra c’è la sua impronta digitale». Cen-tury One e Universal One, ad esempio: «Erano formalmente di proprietà di Marina e Pier Silvio ma su di loro operava Berlusconi». Un meccanismo semplice: Franck Agrama acquistava negli Usa con le proprie società i diritti per la trasmissione in Italia di film e serie tv e poi rivendeva alla Fininvest a tre volte il prezzo originale. Una normale compravendita? No, secondo l’accusa, «un inferno di spezzettamenti» finalizzati solo a gonfiare i costi. Il passaggio americano «era inutile» (l’acquisto poteva essere diretto). Soprattutto, Agrama era socio occulto di Berlusconi e il guadagno della compravendita è stato spartito tra i due per creare fondi neri».
Le presunte irregolarità avrebbero riguardato «circa 3 mila titoli di film che hanno dato origine a 12 mila passaggi contrattuali, ogni titolo dunque aveva 4 passaggi commerciali». A prova di questo, «dell’impronta digitale di Berlusconi su quelle operazioni, su quelle società e su quei fondi neri», il pm ha citato le testimonianze di alcuni manager Fininvest. «Silvio Berlusconi – ha detto – non può essere considerato un imputato come gli altri e sarebbe superficiale dire il contrario, per il ruolo che ha avuto in politica in questi anni». Ecco perché «è necessario ed è stato raggiunto uno standard probatorio di certezza completamente univoco».
L’udienza è stata aggiornata al 2 luglio, parola alle difese. Per la sentenza occorrerà attendere l’autunno.

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