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Privacy: punibile ogni interferenza illecita nella vita privata

Moglie tradisce il marito. Un detective raccoglie prove inconfutabili, ma viola la privacy. Ora rischia il carcere.
Un investigatore non può raccogliere prove in una abitazione, se la vittima non ne è informata. Il permesso del proprietario non conta. Si tratta di “interferenza illecita nella vita privata”. Lo afferma l’articolo 615-bis comma III del Codice penale. Lo ha deciso la Corte di Cassazione. La sentenza potrebbe rappresentare un precedente di peso.
Il tutto è partito con un “delitto d’amore”. Un marito dubitava della fedeltà della moglie. Ecco che ingaggia un detective privato. Probabilmente l’investigatore ha ottenuta la simpatia dell’amante. Quest’ultimo gli ha dato il permesso di entrare in casa e raccogliere le dovute prove, con tanto di riprese audio-video dell’adulterio. Insomma il detective, ha portato al marito, paradossalmente grazie alla complicità dell’amante, delle prove inconfutabili della “cornificazione”.
Ecco che entra in gioco l’adultera. La moglie ha querelato l’investigatore con tanto di denuncia penale. La Corte, sia in primo che in secondo grado, ha condannato il detective. L’autorizzazione ottenuta dal proprietario di casa non è valsa a nulla, anzi. L’imputato è stato condannato per “interferenze illecite nella vita privata”, in base all’art. 615-bis del C.p.
A nulla è valso il ricorso in Cassazione. La sentenza n. 9235/2012 ha confermato i precedenti giudizi. Dunque il detective ha violato la privacy. Questa deve essere garantita in ogni luogo privato, anche se l’abitazione è altrui. In ogni caso, dunque, nessuno può essere spiato in casa altrui, anche se la spia galeotta avesse il consenso del proprietario. Dunque anche se la presenza occulta è legittima il reato si concretizza ugualmente. La legge afferma che chi frequenta un luogo di privata dimora, anche se si tratta della dimora altrui, fa affidamento, appunto, sul carattere di “privatezza” dello stesso.
La sentenza potrebbe restringere molto il raggio di invasività dell’attività dei detective. C’è ora un precedente che punisce non solo le registrazioni effettuate nel domicilio del soggetto osservato, ma anche quelle fatte nelle abitazioni dei suoi “frequentatori”.  Nella fattispecie il “povero” detective rischia la reclusione da 6 mesi e 4 anni. Inoltre dovrà pagare 1200 euro si spese processuali. Il marito che lo ha ingaggiato gli sarà solidale?

Luana Lo Masto

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