Entrare nell’account Facebook del coniuge senza la sua esplicita autorizzazione rimane un reato anche se le credenziali per l’accesso sono state fornite spontaneamente. La sentenza arriva dalla Quinta sezione penale della Corte di Cassazione, che si è espressa sul ricorso di un marito che nei primi due gradi di giudizio era stato condannato per essere entrato “abusivamente” nell’account di quella che ormai è la sua ex-moglie. La storia arriva dalla Sicilia e sembra mettere un punto fermo sulla delicata questione che riguarda il diritto alla privacy nella vita di coppia, anche digitale. L’uomo, che in un momento di serenità della coppia aveva ottenuto spontaneamente dalla moglie le chiavi dell’account Fb, aveva poi violato la sua sfera privata, sospettando che questa intrattenesse una relazione extraconiugale. Entrato nell’account aveva poi “fotografato” alcuni passaggi di una chat tra la donna e un altro uomo, poi aveva modificato la password del profilo, in modo tale da non permettere ulteriori accessi. A “tradirlo”, però, sono state le stesse conversazioni, che lui stesso aveva deciso di presentare come prova nel giudizio di separazione. Il tribunale di Palermo e successivamente la Corte d’appello avevano sanzionato il suo comportamento condannandolo per accesso abusivo a sistema informatico. Secondo la Suprema Corte, che ha rigettato il ricorso ritenendolo inammissibile, il fatto che il marito conoscesse la password della moglie non esclude il carattere abusivo degli accessi, perché attraverso questi ha in ogni caso ottenuto risultati contrari alla volontà della persona offesa.