Visti i tempi che corrono e vista la decisione del governo di ridurre drasticamente gli aiuti statali alla stampa (si parla del 30% in meno), va da sé che è in arrivo un colpo per qualsiasi testata, che per alcune sarà mortale. Il direttore di Libero, Vittorio Feltri, nell’editoriale di oggi, spiega come pensa di fare per “vivere e prosperare in maniera da garantire la qualità di Libero e la sua costante crescita, ad onta della crisi in campo editoriale, da cui nessuno può affermare di non essere stato danneggiato”.
Feltri spiega che la sua strategia si basa sul mercato e sulle regole della concorrenza. “Ricordiamo che il prezzo del quotidiano, un euro, è fermo da quattro anni e mezzo, nel frattempo l’inflazione ha eroso il due per cento l’anno la moneta, complessivamente del 9 per cento. Rispetto all’inizio del 2004, un euro odierno vale dunque 91 centesimi. Non è tutto. Il costo della materia prima, la carta, è salito. Idem quello dell’energia elettrica indispensabile per far girare le rotative. Ma la nota più dolente riguarda i trasporti”. Ogni mattina le copie di Libero vengono distribuite nelle 40 mila edicole sparse per l’Italia. “Per essere puntuali all’apertura dei chioschi, ore 7, è necessario un dispiegamento di mezzi da fare impressione: centinaia di auto e furgoni che percorrono migliaia e migliaia di chilometri, consumando quantità industriali di carburante. È un fatto che, stante la fissità del prezzo del giornale, il margine fra i nostri introiti e le uscite imprescindibili si assottiglia sempre di più, impedendoci iniziative a supporto del prodotto”.
La soluzione dunque è una e una sola: “la revisione del prezzo”. “L’attuale euro, come dimostrato, non basta. Servono venti centesimi in più. Dal primo agosto, che sarà di venerdì, Libero e Libero Mercato costeranno un euro e venti, praticamente 60 centesimi l’uno”. Un prezzo che Feltri definisce “il prezzo della libertà”.
Fabiana Cammarano
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