Si parla tanto di contributi all’editoria. Qualcuno addirittura scenderà in piazza, nei prossimi giorni, per proporre dei referendum abrogativi. Ma le priorità di questo Paese sono altre e, se proprio bisogna guardare ai veri sprechi, è fondamentale sottolineare che, nonostante nel 1993, la maggioranza degli italiani (il 90,3%) ha detto “no” al finanziamento pubblico ai partiti, questi hanno ottenuto, come rimborsi elettorali per le elezioni del 2006, 498,5 milioni di euro. Dei quali soltanto un quinto è stato speso per la campagna elettorale (precisamente 117,3 milioni). Per partecipare all’abbuffata basta aver superato l’1% dei voti. Il rimborso attribuito è proporzionale al numero dei voti ricevuti: 1 euro per ogni cittadino iscritto nelle liste elettorali. Complessivamente fanno 50 milioni di euro all’anno per la Camera e altrettanti per il Senato. Una legislatura costa circa 500 milioni di euro.
Inoltre, va detto, che il costo della politica in Italia è tra i più alti d’Europa. Mentre non si può sicuramente dire lo stesso dei contributi all’editoria, che nei maggiori Paesi membri, vanno ben oltre quelli elargiti dallo Stato italiano.
Dicevamo. Fra qualche giorno il gruppo del comico Beppe Grillo scenderà in piazza con i vari Giulietti e Di Pietro per proporre tre referendum abrogativi nel settore delle telecomunicazioni. Nello specifico trattasi dell’abolizione dell’ordine dei giornalisti, l’eliminazione dei contributi pubblici all’editoria e la revisione della Gasparri. Senza entrare troppo nel merito evidenziamo che questa proposta referendaria potrebbe rappresentare, se accettata, la più grande spina nel fianco del nuovo Governo dai tempi delle Brigate Rosse.
Ci pensate a cosa succederà se chiudessero testate come Liberazione, Il Manifesto, Il Riformista e l’Unità? Ora che non c’è più la Sinistra in parlamento i giornali di partito appena citati saranno l’unico strumento di diffusione di quel tipo di pensiero ideologico. Non accadrà mai più vedere nei prossimi cinque anni esponenti della Sinistra estrema nei dibattiti politici. Nemmeno nelle televisioni locali. L’unico strumento a loro rimasto sono i giornali.
Tagliare i contributi a questi giornali significa farli chiudere. Sarebbe il più grande suicidio politico del dopoguerra. Gli italiani sono intelligenti. Ma anche il prossimo Premier sembra esserlo, per fortuna.
E allora via i finanziamenti ai giornali che creano lavoro, che diffondono la cultura, che offrono l’importante e fondamentale servizio dell’informazione, che danno voce alle minoranze e garantiscono il pluralismo e viva, invece, la pioggia dei rimborsi elettorali che i partiti italiani si spartiscono ogni anno.
Ivan Zambardino e Fabiana Cammarano