Uno studio sistematico e di bilancio complessivo sul rapporto “Media e minori”. E’ questo il Libro bianco curato dal Censis per l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, l’Agcom e presentato venerdì a Roma. La ricerca rileva efficacia e limiti delle norme a tutela dei minori anche nel panorama internazionale e spiega i complessi effetti dei media sui ragazzi, dando ampio spazio al ruolo della famiglia e alle sfide che Internet pone alla società del futuro e ai suoi legislatori. La ricerca incrocia sociologia, pedagogia, giurisprudenza e statistica e trae da questo la sua efficacia senza suggerire soluzioni, ma aprendo prospettive per migliorare le tutele dei minori sui media, tutele che risultano tuttora insufficienti. Su questo delicato rapporto, la prima parte della ricerca illustra lo stato degli studi internazionali e alcune delle questioni comuni emergenti, come l’uso di Internet per fare politica, i disturbi e le dipendenze legate ai videogiochi o gli effetti dell’abbondanza di contenuti cruenti e di cronaca nera nei media, come spiega Elisa Manna, curatrice del rapporto per il Censis:
“Contenuti violenti nei diversi media possono favorire comportamenti aggressivi nell’immediato e indurre a una concezione violenta della vita, un processo di vittimizzazione – cioè la tendenza ad avere paura di tutto – e ancora più inquietante è l’effetto spettatore, cioè l’induzione di un atteggiamento di desensibilizzazione rispetto alla sofferenza”.
Ma di comune, a livello internazionale, emerge anche la certezza che la famiglia, in questo ambito, svolga un ruolo fondamentale:
“La famiglia ha un enorme potere educativo ed è, di fronte alle altre influenze, certamente prioritaria. Deve essere però una famiglia che si sente forte, competente, in cui i genitori si sentono autorevoli, che hanno appeal sui figli. Non è da tutti…”. Il consumo e l’offerta dei media, quantitativa e qualitativa, cioè seconda e terza parte della ricerca, sono quelle più innovative, rispetto a un’ultima parte dedicata agli aspetti normativi nazionali e internazionali. L’analisi del consumo è suddiviso per fascia d’età. Primo, quello dei bambini, fino a 13 anni, visto dai genitori e non privo di contraddizioni:
“I genitori hanno interiorizzato l’idea che debbono controllare quello che i ragazzi fanno con i vari media. Loro dichiarano di farlo, ma in realtà – dalla ricerca sui figli – emerge che questo non è vero. I bambini hanno libero accesso ai diversi media, c’è un minimo di controllo solo per Internet verso i bambini più piccoli e il parental control viene usato da una percentuale che oscilla tra il 9-20% (per i maschi il 9%)”. Poi, il consumo analizzato è quello degli adolescenti, fortemente condizionati dai media nei loro schemi cognitivi in relazione ad amore, amicizia e sessualità. Gli adolescenti come fruizioni e preferenze si orientano su programmi di svago e narrazioni, dunque relax, e rifuggono risse, faziosità e elementi di disturbo. Di vigilanza parla anche l’Agcom: sicuramente, non serve solo l’aspetto sanzionatorio, dice, ma occorre collaborazione tra scuola e famiglia e soprattutto occorre un mutamento culturale che miri alla prevenzione, come spiega Giulio Votano, curatore della ricerca per l’Agcom: “Nel senso di munire di strumenti per l’uso consapevole dei media e anche per la conoscenza degli strumenti di tutela”.