L’Unione Europea si mobilita contro le pratiche commerciali scorrette nell’ambito del telemarketing. Viviane Reding, commissario Ue alla Giustizia, annuncia una linea particolarmente dura nei confronti delle aziende che non rispettano i diritti dei consumatori. L’intenzione è di dare nuova linfa al commercio elettronico, sottovalutato da una larga fetta di utenza proprio a causa della scarsa sicurezza nelle transazioni. La pubblicità ingannevole è regolamentata dalla direttiva 2006/114/CE, ma per la Reding c’è la necessita di un’integrazione della normativa, specialmente in relazione al regime sanzionatorio. Nel concreto si indica un uso maggiore delle cosiddette “indagini a tappeto”.
Nel dicembre 2012 una verifica ad ampio raggio su siti web dedicati a libri, giochi e musica ha evidenziato una generale mancanza di trasparenza nell’indicazione delle offerte contrattuali. Un aspetto da non sottovalutare in contesti a cui hanno accesso anche i minori. Viene poi richiesta l’individuazione dei fattori che misurano il rispetto delle attuali norme, allo scopo di tracciare una più precisa linea di demarcazione tra ciò che è consentito e ciò che non lo è. Per l’attuazione di questi provvedimenti Bruxelles invita gli Stati membri a nominare un’Autorità di Esecuzione che si occupi anche dei rapporti tra imprese. La cooperazione tra gli Stati dovrà essere stimolata da seminari tematici a cui parteciperanno autorità nazionali e magistrati, oltre che da un’intensificazione degli scambi di buona prassi.
Un altro fronte in cui l’Ue è molto attiva è quello della lotta contro le società di compilazione degli annuari, che saranno presto immesse in una lista nera. Questi enti inviano agli operatori commerciali moduli con la richiesta, gratuita solo in apparenza, di aggiornare le relative informazioni nell’annuario. Firmato il modulo, la vittima viene informata di aver firmato un contratto che impone il pagamento di un elevato canone annuo. Il problema è tipicamente transfrontaliero, dal momento che sovente società del genere si rivolgono a professionisti di altri Stati membri. Le piccole imprese devono puntare sul commercio elettronico, ma non possono farlo se l’attività non offre adeguate garanzie di profitto. Ma i consumatori non si muoveranno se il numero delle truffe continuerà ad essere così alto. Spetta, di conseguenza, all’Unione Europea il difficile compito di rimettere in moto un settore che ancora non riesce a mantenersi stabile nel mercato unico.