Una rete di agenzie pubbliche per combattere la diffusione delle bufale online. E’ questa l’idea lanciata dal presidente Antitrust Giovanni Pitruzzella in un’intervista al Financial Times. Pitruzzella ha motivato così la proposta: “La post-verità è uno dei motori del populismo ed è una minaccia per le nostre democrazie. Siamo a un bivio: dobbiamo scegliere se vogliamo lasciare Internet così com’è, un Far West, oppure se imporre regole in cui si tiene conto che la comunicazione è cambiata”. Il Garante auspica, pertanto, la creazione di una serie di organismi indipendenti, coadiuvati da Bruxelles. Il loro compito sarebbe quello di creare un filtro tra gli utenti e le cattive notizie e, nel caso, di imporre sanzioni di chi le mette in circolazione. Per Pitruzzella non sarebbe censura, perché gli interventi sarebbero a capo di un’entità terza indipendente dal Governo. E’ subito intervenuto a manifestare le sue contrarietà il leader M5S Beppe Grillo, che teme la nascita di un’ ”Inquisizione” per ridimensionare l’importanza del web come fonte di informazione. L’ex comico ha affermato che qualsiasi tentativo di censura sarà aggirato dalla nascita di nuove fonti. Attriti tra Grillo e Pitruzzella vi sono stati anche sulla definizione di post-verità, scelta dal presidente Antitrust per identificare le notizie senza né capo né coda che spopolano in rete. Il leader pentastellato ha dichiarato che il termine appartiene ai “rosiconi” incapaci di accettare il web come principale fonte di informazione. Grillo ha associato il termine post-verità al giornalismo tradizionale. E’ giusto sottolineare che nel suo intervento il presidente dell’Antitrust non ha menzionato Beppe Grillo o alcun esponente del M5S. Sembra sottolinearlo anche Matteo Orfini (Pd), che ha risposto al leader M5S, accusandolo velatamente di sentirsi parte in causa.
La linea dura contro il web sembra appartenere anche al Governo. E’ di qualche giorno fa la presa di posizione di Andrea Orlando, ministro della giustizia, che ha affermato di voler presentare all’Europa una proposta per imporre a Facebook la responsabilità dei contenuti pubblicati dai suoi utenti. Il filtraggio delle informazioni sul web può avvenire per svariate motivazioni, di natura politica, sociale ed economica. La Rete è per natura un Far West e ogni tentativo di regolamentarla non può che essere affine alla censura. La diffusione del populismo, citata da Pitruzzella, non è figlia di cattiva informazione sul web, ma degli errori della politica a livello nazionale e comunitario. Non si può monitorare il flusso di notizie nella Rete semplicemente per avvicinare la gente alla politica. Sarebbe un tentativo errato alla radice, che non porterebbe a nulla di buono. Sono gli utenti ad essere chiamati ad orientarsi nel mare magnum della Rete, a dover selezionare e comprendere ciò che è giusto e ciò che è palesemente sbagliato. Non i pubblici poteri, come asserito da Pitruzzella.
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