PITRUZZELLA: «ORDINI SUPERATI. PROFESSIONI RIMASTE A MODELLI DELL’800»

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Il settore delle professioni è rimasto all’Ottocento e gli ordini hanno esaurito gran parte della loro funzione. Lo dice il presidente dell’Antitrust Giovanni Pitruzzella. Non c’è alcun tono polemico nella parole del numero uno dell’Autorità garante della concorrenza. La sua è una semplice constatazione, si potrebbe dire una presa d’atto, che arriva al termine di un ragionamento in cui il numero uno dell’autorità che vigila sul mercato ribadisce la necessità di andare avanti con le liberalizzazioni, ma riconosce anche i passi avanti fatti negli ultimi mesi. «Credo che ci sia ancora da continuare su quella strada – spiega – però credo che il bicchiere sia mezzo pieno, non mezzo vuoto. Partendo da una situazione molto rigida, molte cose sono state fatte». Basta pensare all’abolizione delle tariffe minime, al via libera alla pubblicità e alle società di capitali fra i professionisti. Anche se certo il percorso non si può dire finito.

«Le liberalizzazioni sono oggi una necessità, se non altro perché la grande scommessa che abbiamo in Europa, e particolarmente in Italia, è come accoppiare delle politiche di stabilizzazione finanziaria con delle politiche per la crescita», osserva Pitruzzella presentando alla biblioteca Giovanni Spadolini del Senato il libro “Dinastie d’Italia. Gli ordini tutelano veramente i consumatori”, a cura di Jacopo Orsini, giornalista del Messaggero, e Michele Pellizzari, economista dell’università Bocconi. Il dato di fatto da cui si deve partire, argomenta il guardiano della concorrenza, è che per stimolare la crescita servono riforme a costo zero. «Purtroppo non possiamo intervenire con la leva della spesa pubblica, possiamo solo ridurla e riqualificarla», aggiunge. Da qui la necessità di procedere con le liberalizzazioni e in particolare con quelle dei servizi professionali, che si possono fare senza spendere.

La concorrenza «fa bene all’innovazione in tutti i campi», dice ancora Pitruzzella. Non solo nella telefonia, per citare una caso “pluristudiato”, ma anche nel settore delle libere professioni. In Italia ci sono state politiche di liberalizzazione importanti promosse dall’Europa a colpi di direttive e regolamenti, come nell’energia e nel gas. «Al contrario – prosegue il numero uno dell’Antitrust – nel settore delle professioni non abbiamo avuto degli atti normativi che imponessero ai paesi europei forme di liberalizzazioni in questo campo». Che indubbiamente è rimasto indietro. «Probabilmente in Italia il settore delle professioni è quello che più è rimasto agganciato a modelli ottocenteschi di erogazione dei servizi. Non a caso si parla di professioni e non di servizi professionali quasi fosse una offesa per la categoria».

In Italia comunque non sono fermi solo gli ordini. «Il nostro paese ha una società bloccata, non solo nelle professioni, ma anche in campo universitario e in molti altri settori», ammette il presidente dell’Antitrust. Per questo «dobbiamo rimettere in moto la mobilità sociale e soprattutto intervenire nel settore delle professioni regolamentate, che coinvolge più di un milione di persone. Questo può giovare anche in termini di efficienza e tutela del consumatore».

Gli albi dunque devono essere ripensati. E qui Pitruzzella per un attimo si rimette anche la casacca di avvocato, abbandonata nel novembre scorso dopo essere stato nominato presidente dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato. «Credo che gli ordini abbiano esaurito gran parte della loro funzione. Potrebbero restare sul piano dell’aggiornamento professionale, eventualmente, ma non mi pare che le esperienze siano particolarmente brillanti. Sarebbe utile cominciare a ragionare, non dico da qui a domani, ma in prospettiva, su delle agenzie di valutazione a cui eventualmente il professionista si può iscrivere. In questo modo – è il ragionamento di Pitruzzella – ogni agenzia assicura all’esterno degli standard qualitativi che riguardano, badate bene, non soltanto il prezzo, ma anche il tipo di prestazioni». Il numero uno dell’Antitrust pensa ad «agenzie in concorrenza tra di loro che potrebbero essere utili anche al consumatore perché i professionisti che aderiscono sono valutati da quella agenzia e quindi hanno determinati standard qualitativi, prestazionali e reputazionali».

Senza dimenticare l’università, «convitato di pietra di tutto questo discorso». «Lasciatemelo dire da professore universitario – afferma ancora Pitruzzella – stiamo rinviando sempre di più nel tempo la formazione degli studenti». Ecco perché è necessario valorizzare le norme che prevedono il tirocinio professionale all’università. «Dovremo, con coraggio ma con capacità di innovazione – conclude il garante della concorrenza -, riflettere su come le università possono inserirsi in questo processo di apertura e cambiamento di un settore decisivo per la nostra economia».

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