Piero Sansonetti, il direttore degli altri lasciato solo da tutti

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Piero Sansonetti è un uomo particolare; colto, di sinistra, garantista, coraggioso; termini stridenti, oggi incompatibili tra di loro. Anzi, ai tempi del governo di cambiamento, essere definito così legittimerebbe  anche una bella causa per diffamazione.

Terminata l’esperienza di Liberazione ha iniziato a fondare giornali, a Roma, in Calabria, con un obiettivo semplice: dare voce agli altri ed alimentare il dubbio. Più che iniziative editoriali, esperimenti sociali, con uno sparuto gruppo di giornalisti pronti a seguire un progetto sempre molto sociale e poco imprenditoriale. Ad un certo punto, per la prima volta, Sansonetti ha trovato l’editore giusto: una fondazione che fa capo all’ordine degli avvocati.

Così è nato Il Dubbio, più che un giornale fuori dal coro, una voce unica in un silenzio assordante. Le prime battaglie del Dubbio erano contro il facile populismo di Renzi, la carcerazione preventiva, la mancata riforma dell’ordinamento carcerario, delitto firmato Orlando. L’avvento del Governo giallo-verde è stato come benzina sul fuoco garantista di Sansonetti: la fine prescrizione mai, la carcerazione a prescindere, le frasi “marcire in galera” e “arrestateli tutti” proclamati da Ministri, lo hanno scatenato.

Come si sarebbero dovuto scatenare tutti i garantisti, o, più semplicemente, quelli che ancora pensano i diritti civili siano una tutela per tutti, la doverosa premessa di ogni ragionamento politico, e non un inutile corollario. Sicuramente gli avvocati che del diritto ne fanno ragione di vita.

Eppure Sansonetti è stato lasciato solo; se il coro urla sempre più forte, bisogna cacciare chi non ci canta, semplice. Ma mi sa mi sa che non passerà molto tempo e l’uomo riprenderà a pensare ad un giornale diverso, a difesa sempre dell’altro, riprenderà la via crucis alla ricerca di qualche improbabile editore che rischia di essere comunque più affidabile di quelli che per definizione dovrebbero condividere non solo le sue battaglie, ma anche le sue follie.

Enzo Ghionni

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