Senza diritti non c’è cittadinanza e senza cittadinanza riconosciuta non c’è democrazia. Questa è la convinzione alla base della Carta dei diritti di internet presentata alla Camera dei deputati dalla Commissione presieduta da Stefano Rodotà.
L’idea nasce dalla volontà del presidente della Camera, Laura Boldrini, con l’obiettivo di mostrare a Parlamento e Governo quale strada seguire e per definire la posizione italiana su principi, regole e procedure che riguardano i temi della privacy, della sicurezza, dei diritti esercitati in rete.
L’esigenza di mettere nero su bianco una vera e propria governance italiana sul web, spiega la Boldrini, “nasce dalla consapevolezza che considerare internet uno dei vari media è riduttivo e improprio. Internet è molto di più: è una dimensione essenziale per il presente e il futuro delle nostre società; una dimensione diventata in poco tempo un immenso spazio di libertà, di crescita, di scambio e di conoscenza”. A mano a mano che la rete ha assunto maggior importanza nelle vite di tutti sono aumentati, però, anche i rischi ad essa legati: l’esclusione di larghe fasce di popolazione dal suo utilizzo, il possibile controllo delle sue comunicazioni da parte di soggetti non autorizzati, sovraccarico e malfunzionamenti, l’osbolescenza delle tecnologie e dei protocolli che la fanno funzionare, possibili sabotaggi solo per fare qualche esempio.
Ecco perché una Carta dei diritti di internet, in grado di affrontare questo tipo di problemi, si era fatta ormai necessaria. Ora tocca ai legislatori che su questa base dovranno trovare ispirazione per emanare nuove leggi pensate per difendere i cittadini e far prendere ad ognuno coscienza dei propri diritti. Il lavoro della Commissione ha stabilito i diritti fondamentali relativi all’accesso ad internet, all’oblio, alla conoscenza condivisa, all’autodeterminazione informativa, all’inviolabilità dei sistemi e dei dispositivi informatici, a un rapporto corretto e trasparente tra le persone e piattaforme quali i social network.
Nella rete vengono riconosciuti i diritti fondamentali della persona, gli stessi della Dichiarazione Onu e della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (oltre che delle costituzioni nazionali), e come tali devono essere interpretati. Lo chiarisce senza appello il primo articolo. Il rispetto della dignità, della libertà, dell’eguaglianza e della diversità sono imprescindibili sul web.
In Italia, poi, le persone ancora totalmente escluse dal web sono circa 15 milioni mentre l’articolo 2 della Carta dei diritti definisce l’accesso alla rete un “diritto fondamentale della persona e condizione per il suo pieno sviluppo individuale e sociale” e che impegna anche le istituzioni pubbliche a garantire “i necessari interventi per il superamento di ogni forma di divario digitale tra cui quelli determinati dal genere, dalle condizioni economiche oltre che da situazioni di vulnerabilità personale e disabilità”.
Va incoraggiato un uso consapevole di internet attraverso cui passa anche più merito e possibilità di crescita individuale e collettiva. Perciò vanno rimossi i ritardi culturali mediante delle competenze specifiche da aggiornare e da acquisire e le istituzioni pubbliche devono impegnarsi affinché nessuno resti a metà del percorso.
Una delle questioni indicate come delicate alla vigilia era quella sul consenso al trattamento dei dati personali: il modo in cui vengono trattati è decisivo per il rispetto dei diritti della persona. Il consenso, in via di principio, deve poter essere revocabile. In alcuni casi specifici, la legge potrebbe anche prevedere specifiche autorizzazioni aggiuntive al consenso stesso.
L’anonimato resta un diritto, ma in alcuni casi particolari l’autorità giudiziaria può disporre l’identificazione dell’autore della comunicazione. Ogni cittadino conserva il diritto a usufruire di qualsiasi strumento per proteggere il suo anonimato, innanzitutto per evitare censura, discriminazioni o dare espressione a libertà civili e politiche, ma senza violare la dignità, i diritti fondamentali e, ovviamente, la legge.
Nella Carta dei diritti di internet, infine, viene chiarito anche il ruolo delle piattaforme: devono fornire informazioni chiare e semplici e non possono modificare arbitrariamente le condizioni contrattuali. Anche per l’accesso deve essere garantito sempre il principio di neutralità della rete, una condizione necessaria per l’effettività dei diritti fondamentali della persona.
La Carta è nata grazie ad un notevole processo di inclusione durato un anno e che ha coinvolto tutti gli stakeholder: enti, istituzioni, imprese, associazioni e cittadini. Durante i lavori sono state espresse circa 600 opinioni critiche e informate sulla Carta nonché registrati circa 15mila accessi alla piattaforma di consultazione predisposta.
Il risultato è un documento suddiviso in 14 punti, che ora passerà al vaglio del Governo. La speranza è che i principi espressi vengano promossi in tutte le sedi nazionali e internazionali, a partire dall’Internet Governance Forum in Brasile, dove la Carta verrà presentata.
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