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PERCHÉ È LEGITTIMO IL CANONE RAI

Con la recente pronuncia n. 4776 del 26 marzo 2012, la Corte di Cassazione ha ritenuto che il contribuente non possa agire in giudizio né per ottenere il rimborso del canone di abbonamento Rai, né per far dichiarare il canone illegittimo e sia tenuto, pertanto, a provvedere al suo pagamento.
Perché la Suprema Corte è stata così radicale nell’enunciare questo principio? La questione nasce dal giudizio proposto da due contribuenti per ottenere, dallo Stato e della Rai, il rimborso delle somme versate per il pagamento del canone.
Secondo i ricorrenti, la richiesta di pagamento del canone avrebbe configurato un abuso della posizione dominante della Rai che avrebbe illegittimamente goduto di un aiuto statale. Sia il Tribunale, sia la Corte di Appello adita in secondo grado rigettavano, però, le domande proposte motivando, in vario modo, i loro provvedimenti. I contribuenti, allora, ricorrevano ai giudici di legittimità affermando che imporre, da parte dello Stato, il pagamento del canone, avrebbe integrato una violazione dei principi comunitari in tema di concorrenza.
Investita della questione, la Suprema Corte, nel ricordare che il canone radiotelevisivo costituisce una delle imposte più longeve del nostro ordinamento, ha specificato che la Commissione europea già nel 2005 aveva ritenuto che il regime di canone di abbonamento fosse compatibile con il mercato comunitario essendo, la Rai, un’impresa incaricata di fornire un servizio di interesse economico generale.
Essendo la Commissione europea l’unico organo legittimato ad esaminare la compatibilità di questa forma di “sostegno pubblico” fornita alla Rai, il suo provvedimento di compatibilità del canone di abbonamento con i principi comunitari assorbiva, di fatto, le altre doglianze.
Pertanto, sebbene l’art. 87 del trattato Ce effettivamente stabilisse che “sono incompatibili con il mercato interno, nella misura in cui incidano sugli scambi tra gli Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza”, in assenza di una valutazione in tal senso da parte della Commissione europea, la richiesta di corresponsione del canone Rai ai contribuenti doveva essere considerata legittima e la Cassazione non poteva esprimersi in maniera difforme rispetto a tale orientamento.
Da qui la non sussistenza, in capo ai contribuenti, del diritto di agire in giudizio per ottenere il rimborso del canone di abbonamento o per farne dichiarare l’illegittimità. dovendo esso considerarsi del tutto legittimo, fino ad avviso contrario dell’unico organo competente a statuire in materia.
Ai contribuenti, allora, non resta che sperare che la Commissione europea cambi, quanto prima, il proprio indirizzo interpretativo conformandosi a quanto disposto, al riguardo, dal Trattato Ce e dichiarando anticoncorrenziale per le altre reti televisive la previsione di un aiuto statale soltanto in favore della Rai.

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