Maurizio Pellegrini è il fondatore della cooperativa Vidiemme, editrice de La Voce di Mantova, che occupa 10 giornalisti e 6 poligrafici, rinata nel 1999 dopo che la precedente esperienza del 1993 con un gruppo di imprenditori locali finisce. E’ un’altra voce dell’informazione che il decreto Tremonti, con l’abolizione del diritto soggettivo e il taglio drastico dei fondi per la legge di aiuto all’editoria cooperativa, non profit e di partito, spinge alla scomparsa. Una voce da soffocare, benché – o perché – libera?
«Nel 1999, nel giro di 80 giorni – ci racconta Pellegrini – ci rimettiamo in piedi per far ripartire la testata che il vecchio editore ci ha dato in affitto. Cerchiamo di preservare quello che già esisteva, cioè le 3.000 copie di vendita, la pubblicità, il lavoro delle persone. Cominciamo così la grande avventura: mentre nei primi anni avevamo dei vincoli – essendoci nella proprietà un gruppo di imprenditori – da quel momento iniziamo da una parte una politica nostra, molto libera né di destra né di sinistra, dall’altra una battaglia con un grande giornale concorrente che è La Gazzetta di Mantova, del gruppo Espresso/Repubblica, uno dei giornali più antichi d’Italia. Ovviamente non ci riservano un’accoglienza felice, ci attaccano un po’ dappertutto ma soprattutto sulla pubblicità, cercando di farci terra bruciata intorno. Che è un po’ il problema che abbiamo sempre ribadito in Mediacoop dicendo: al di là dei contributi per l’editoria, abbiamo grandi difficoltà in edicola ma soprattutto sulla pubblicità, perché chiaramente i “grossi” fanno man bassa e con la diffusione che hanno possono permettersi tariffe concorrenziali».
Il giornale comunque riparte e fa il salto. «Allora ci volevano tre anni, non erano cinque, per prendere i contributi, anche se poi nel vecchio meccanismo in attesa dell’erogazione doveva passare un altro anno e mezzo. Insomma, nel 2004 riusciamo ad accedervi – dopo cinque anni di grandi sacrifici – e siamo sul mercato. La rabbia in questo momento, se vuoi la delusione, è che questo taglio accade nel momento in cui avevamo sistemato tutte le situazioni pregresse, avevamo fatto un piano di rilancio anche in termini di assunzioni di ragazzi che hanno iniziato con noi l’avventura… Ora questa situazione ci impone di rivedere tutto a settembre, per chi è già dentro la cooperativa e soprattutto per quanto riguarda eventuali forze che potevano arrivare, altri ragazzi che secondo me meritavano… Tutto questo ci obbligherà a convocare urgentemente un’assemblea dei soci e lì analizzare e vedere il da farsi. Il primo taglio di questo decreto Tremonti mi sembra sia intorno al 30 per cento, però è chiaro che la perdita del diritto soggettivo è drammatica. Un conto era vabbé, i soldi non ti arrivano a dicembre ma ti arrivano a gennaio o a marzo… adesso, invece, non sai più cosa mettere in bilancio, non sai come comportarti. Io ho sempre pensato che si poteva tagliare qualcosina ma l’importante era dare all’azienda la possibilità per i prossimi cinque-dieci anni di avere una certezza, non come è successo negli ultimi tre o quattro anni, ogni volta una battaglia per veder riconosciuto un diritto della legge. Ma il peggio è arrivato adesso, con una situazione che non ti dà la possibilità di programmare nulla: il dramma è questo qui».
La nuova legge potrebbe non piacere tanto nemmeno dentro la maggioranza di governo. «Una cosa che volevo rimarcare è che il nostro giornale, al di là della grande battaglia contro il gruppo Espresso, comunque ospitava in larga parte anche forze che fanno parte dell’attuale governo. Così vengono colpiti tutti… Ma più che arrabbiato, che è una parola sbagliata, sono dispiaciuto che si sia mescolato tutto: non si distinguono i contributi diretti da quelli indiretti, i giornali seri da quelli non seri. L’unica nostra colpa è stata forse quella di non fare una battaglia interna a Mediacop per rendere ancora più esplicito questo punto. E noi stessi dovevamo cercare di chiedere al governo maggiore rigore nell’erogazione».
Come si rifanno i conti adesso? «Questo taglio improvviso crea grossi problemi. Un conto è dire: c’è un taglio del 10 per cento quest’anno, un altro 10 per cento l’anno prossimo e così via… Le aziende riescono anche a capire e vedere, ma trovarsi in una situazione così, a cavallo delle ferie e dopo sette o otto mesi di bilanci, con un taglio di almeno del 30 per cento dei contributi è veramente un tentativo di voler far chiudere. Ripeto: noi abbiamo creato con il nostro giornale un’alternativa seria, con una quota di mercato consistente, anche se non ha nulla a che vedere con quella che oggi hanno i giornali concorrenti, però abbiamo aperto dibattiti, abbiamo ospitato opinioni che diversamente, in regime di monopolio, sarebbero mai usciti. Pensavamo di essere stati importanti per un discorso di comunicazione e di informazione libera e invece diventiamo un peso e questa è la cosa che più ci lascia perplessi. Si sa che oggi il costo industriale di un giornale è intorno ai 3,5-4 euro a copia: a questo prezzo chi te lo compra il giornale? Solo determinate persone, per cui si lascerebbero il 70 per cento delle persone nelle condizioni di non poter acquistare un giornale. Una discriminazione» .
Pellegrini, la Voce di Mantova
Francesco Paternò
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