Per la prima volta in Italia si svolgera’ una gara “competitiva” per l’assegnazione di “diritti d’uso di risorse frequenziali” per l’esercizio dell’attivita’ televisiva.
A lanciarla sarà il ministro delle Comunicazioni, Paolo Gentiloni con un apposito bando, che probabilmente sara’ pubblicato gia’ la prossima settimana.
Si tratta di un vero e proprio avvenimento, visto che nel nostro Paese, finora, lo spettro frequenziale per la tv e’ stato oggetto di una situazione generalizzata di ‘occupazione di fatto’, certificato poi dallo Stato con diverse sanatorie che si sono succedute dal ’90 in poi. Al massimo le frequenze sono state ‘acquistate’ con operazioni da ‘privato a privato’, grazie al ‘trading’ introdotto dalla legge 66 del 2001, ma non era mai successo che fossero messe ‘a gara’. Le frequenze che andranno all’asta, come recita il regolamento del ministero in base al quale sara’ stilato il bando di gara defintivo, sono “singole o molteplici risorse costituite da un insieme di siti di trasmissione e relative frequenze di esercizio presenti nella lista degli assignment italiani definiti dalla Radio Conferenza Internazionale di Ginevra 2006, nonche’ da altri siti e frequenze libere e/o disponibili che saranno allegate al bando”.
La traduzione di quanto afferma il ministero, e’ che all’asta andranno frequenze che sono risultate disponibili dopo la ‘certificazione’ internazionale avvenuta a Ginevra all’inizio dell’anno, e da altre risorse che sono il primo frutto del ‘Catasto delle frequenze’, l’imponente opera di classificazione e verifica dello spettro nazionale, portata a termine a giugno dal ministero e dall’Autorita’ per le Comunicazioni, che ha posto fine, parole del ministro Gentiloni “al far-west delle frequenze degli ultimi 20 anni”. Da questa analisi e’ emerso che in Italia sono in attivita’ 24.680 impianti-frequenza, circa la meta’ di quelli di cui si ipotizzava l’esistenza, cioe’ 40 mila.
Ma a chi andranno queste frequenze, o meglio chi potra’ partecipare alla gara indetta dal ministero?
Sicuramente non la Rai e Mediaset, visto che la destinazione indicata dal regolamento del dicastero di Largo Brazza’ si pone come obiettivo della gara quello di garantire le frequenze necessarie alle emittenti nazionali, per coprire con il proprio segnale “l’80% del territorio nazionale e tutti i capoluoghi di provincia” come richiesto dalla legge Maccanico del ’97.
Problema che non riguarda certo i due ‘colossi’ del settore, ma piuttosto reti nazionali ‘minori’ come Rete A e, forse, Mtv, e altre che da una verifica potrebbero risultare nella stessa situazione. Le frequenze potrebbero essere reclamate anche da Europa7, l’operatore che pur avendo ricevuto una licenza nazionale, non ha mai iniziato a trasmettere lamentando l’impossibilita’ di entrare in possesso delle frequenze necessarie.
Fabiana Cammarano
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