PER FARE TV IN RETE NON SERVE IL TESSERINO DA GIORNALISTA

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Per fare televisione in Rete non serve avere in tasca il tesserino dell’ordine dei giornalisti. Lo dice il tribunale di Pordenone, che oggi ha assolto Francesco Vanin, amministratore unico di PNbox tv, dall’accusa di esercizio abusivo della professione giornalistica. «È una giornata campale», commenta il fondatore della web tv a Linkiesta, «se fossi l’ordine dei giornalisti mi interrogherei sul mio futuro».

La web tv nel 2010 aveva ricevuto un esposto da parte dell’ordine dei giornalisti del Friuli Venezia Giulia. Vanin veniva accusato di aver «svolto attività giornalistica non occasionale diffondendo gratuitamente notizie destinate a formare oggetto di comunicazione interpersonale specie riguardo ad avvenimenti di attualità politica e spettacolo relativi soprattutto alla provincia di Pordenone». Il reato contestato era esercizio abusivo della professione giornalistica. Il messaggio era chiaro: PNbox doveva essere registrata in tribunale come tutte le altre testate. E Vanin non poteva dirigerla, perché non il suo nome non compariva negli elenchi dell’ordine regionale. Ma l’imprenditore, che ha fondato la web tv nel 2006, non ha mai accettato la definizione di giornalista. E a Linkiesta aveva già dichiarato: «Non ho alcuna intenzione di registrare la web tv».

Oggi la sua posizione è stata confermata in tribunale. Secondo il pm Viviana Del Tedesco, il lavoro di Vanin non è paragonabile a quello di un giornalista perché non prevede alcuna elaborazione critica dei contenuti. Il giudice Eugenio Pergola ha revocato d’ufficio l’ammissione di tutti i testi della difesa, ritenendo superflua la loro deposizione. Fino all’assoluzione piena dell’imprenditore «perché il fatto non sussiste». Il pm, racconta l’ormai ex imputato, «ha spiegato la differenza tra l’attività di PNbox, che è semplicemente quella di veicolare la voce dei cittadini, e quella giornalistica, fatta invece di ricerca ed elaborazione critica delle fonti».

«Non sono un giornalista», ripete Vanin al telefono, «tanto che non compaio mai nei video di PNbox, né ho mai utilizzato lo schermo per fini personali». Negli studi della web tv di Pordenone, dove ha sede anche un ristorante, chiunque può entrare e dire la sua. Molti cittadini portano i propri video da trasmettere. Si mangia, si beve e si propongono idee da realizzare. «La gente non guarda più la tv dall’esterno», spiega, «ma ci entra dentro». Non si tratta, quindi, di «stampa clandestina», come qualcuno aveva detto. Ma solo di una «piattaforma che dà un mezzo per esprimersi a chi solitamente non ce l’ha». Nel ristorante di PNbox, insomma, non si fa informazione. Anche perché, dice Vanin, «non accetterei mai i contributi statali di cui godono i giornali».

Le motivazioni della sentenza, che verranno pubblicate tra 45 giorni, rappresentano, secondo l’imprenditore friulano, «un precedente importante e tranquillizzante per tutti». Altrimenti, aggiunge, «sarebbe passata l’idea che anche per pubblicare qualcosa su Facebook serviva l’autorizzazione dell’ordine dei giornalisti». È un «giorno importante, che sancisce la libertà della Rete».

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