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PELUFFO: IN FUTURO UN SOSTEGNO ANCHE ALL’EDITORIA ONLINE

Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega all’Editoria Paolo Peluffo – intervenendo al convegno promosso da Acimga, Aie, Anes, Argi, Asig, Assocarta, Assografici e Fieg – ha sottolineato come lo sviluppo dell’editoria on line italiana è frenato dalla tassazione non agevolata rispetto all’editoria cartacea. Una situazione di «forte discriminazione» rispetto alle piattaforme la cui origine è in altri paesi come l’Irlanda per Google, senza contare che da queste ultime il fisco non percepisce soldi.
Peluffo ha spiegato di avere «posto il problema nella ‘cabina di regia’ relativa all’Agenda digitale» e di avere «sensibilizzato sul tema il collega Vieri Ceriani», sottosegretario all’Economia.
Tuttavia a seguito delle norme europee intervenire su questo terreno «non è semplice», avverte Peluffo.
Il presupposto è che i prodotti dell’editoria cartacea in Italia godono di una tassazione agevolata al 4%, quelli del’online al 21% con la quota che salirà al 23%, spiega il sottosegretario. Tuttavia c’è una direttiva europea sull’Iva che è «difficilmente superabile», ma «la questione è sul tappeto e va valutata». Anche perché non solo ne va di mezzo lo sviluppo dei prodotti online nazionali ma a farne le spese è, appunto, anche il fisco italiano a causa dei mancati ricavi dalle piattaforme che hanno la loro sede in altri paesi. «Subiamo una discriminazione forte», ribadisce Peluffo.

Di certo gli investimenti nell’editoria sul web saranno tra i criteri che il Governo indicherà per i giornali che vogliono accedere ai finanziamenti del Fondo per l’editoria. «La velocità del cambiamento rispetto alla fruizione tradizionale è molto forte – spiega il sottosegretario – e di sicuro abbiamo un problema di contenuti».

Di qui il modello duplice che viene indicato per il «futuro delle nostre imprese: una forte editoria che conservi il modello cartaceo, che va sostenuta, e nello stesso tempo che sia in grado di fornire proprie piattaforme per l’online. Questo perchè – conclude – abbiamo una fascia molto ampia di lettori che non si trasferiscono al digitale ma anche una altra che ne fa uso» in modo quasi esclusivo.

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