L’Agcom ha multato Studio Aperto, il Tg4 e il TgLa7 per non aver rispettato l’ordine di riequilibrio dettato dall’Autorità la settimana scorsa. Sono stati “ammoniti”, invece, il Tg3, SkyTg24 e ancora il Tg della settima rete. Questi dovranno attuare delle misure di riequilibrio. Altrimenti ci saranno multe anche per loro. Sono attivate proteste da Timedia e dal Biscione. Enrico Mentana, direttore del tg di La7: «Non abbiamo bisogno di lezioni». Mediaset: «Faremo ricorso». Anche l’Autorità non è stata unanime. «Valutazioni sbagliate e senza contraddittorio. Si rischia una lesione all’autonomia». È stata questa l’opinione di Antonio Preto e Antonio Martusciello, consiglieri Agcom in quota Pdl. Intanto si ipotizza una estensione delle norme sulla par condicio anche per la rete. Marcello Cardani, presidente dell’Agcom e Maurizio Décina, consigliere: «In futuro va regolata anche internet».
Manca appena un mese alle elezioni. E il clima mediatico non è esente da tensioni. E all’Agcom non manca il lavoro. La scorsa settimana l’Autorità aveva ravvisato degli squilibri della par condicio: le edizioni serali dei notiziari di Mediaset (Studio Aperto e Tg4) avrebbe dato troppo spazio al Pdl rispetto agli altri partiti; il tg di La7, invece, avrebbe sovraesposto Bebbe Grillo, Mario Monti e Antonio Ingroia, lasciando le briciole a Pd e Pdl. Quindi l’Agcom ha chiesto un riequilibrio. Ma non c’è stato. E così sono arrivate le multe: 40 mila euro per il Tg4, 60 per Studio Aperto e 100 mila al notiziario diretto da Enrico Mentana.
Ma le sanzioni, come prevedibile, non sono state accettate. E sia Mediaset che La7 non hanno recitato il mea culpa. «Siamo stati puniti per aver dati troppo spazio Grillo, a Ingroia, a Monti e poco al Pd e al Pdl. Come farmacisti siamo scarsi. Ma non dobbiamo prendere lezioni né dall’Agcom né dalla politica», ha protestato Mentana.
Non è stato da meno il Biscione. «Respingeremo le sanzioni ingiuste dell’Autorità. Faremo ricorso», ha annunciato Gina Nieri, consigliere di Mediaset. «Siamo in regola. È l’Agcom che interpreta la legge sulla par condicio in modo discutibile», ha tuonato Giovanni Toti, direttore del Tg4.
Tuttavia bisogna precisare che anche all’interno dell’Autorità garante delle comunicazioni ci sono stati dei dissidi. Infatti il cda si è spaccato in due. E le sanzioni sono passate per un solo voto (3 a 2). Hanno optato per la linea dura il presidente, Angelo Maria Cardani, Francesco Posteraro e Maurizio Décina. Si sono opposti i due consiglieri in quota Pdl: Antonio Martusciello e Antonio Preto. «Non condividiamo la decisione dell’Agcom. L’equilibrio è stato valutato sulla base di singole edizioni principali e non su tutta la programmazione settimanale. Tale criterio non ha una sua valenza autonoma. Agendo così si rischia di ledere all’autonomia editoriale delle testate. Inoltre abbiamo votato contro anche a causa della totale mancanza di contraddittorio [l’Agcom non è tenuta ad averlo, ndr]», hanno dichiarato Martusciello e Preto.
Di tutt’altro parere e Roberto Zaccaria, coordinatore dell’Osservatorio del Pd sul pluralismo dell’informazione: «Siamo soddisfatti. Questa è la direzione giusta. L’Agcom deve continuare a controllare».
Detto, fatto. Infatti l’Autorità presieduta da Marcello Cardani ha emanato altri ordini di riequilibrio. E in caso di mancata ottemperanza, la prossima settimana potrebbero concretizzarsi altre multe. Sotto osservazione ci sono il Tg3 per aver sottoesposto il Pdl, SkyTg24 per aver dato tanto tempo a Grillo e poco a Idv, Fli e Udc, e ancora il TgLa7 per aver dato poco spazio ai piccoli partiti.
I notiziari rispetteranno le direttive? Vedremo. Chi di sicuro chi non rispetta la par condicio e non è tenuta a farlo è la rete. Infatti il web è ancora un territorio franco. Basta ricordare il recente episodio di un discusso e animato filmato prodotto dalle Iene (programma televisivo di Mediaset), con protagonista Luca Barbereschi. La rete ne ha bloccato la messa in onda per par condicio. Ma il servizio è stato pubblicato, dalla stessa “iena” autrice del filmato, su Facebook.
Infatti, come è suddetto, la rete è esente da molte regole. Tuttavia stiamo parlando di un mezzo in continua espansione. E ha un seguito in inferiore a quello dei media tradizionali. Quindi non è superfluo porsi questo problema: è giusto espandere le regole della par condicio alla rete, e quindi anche ai social network? Per il presidente dell’Agcom la risposta è affermativa. «Dobbiamo farlo. Ma per ora non abbiamo gli strumenti esecutivi. Tuttavia prima o poi dovremo intervenire, previa autorizzazione del Parlamento», ha annunciato Cardani. Della stessa opinione è anche Décina, consigliere dell’Autorità: «Il mondo sta cambiano. Fra 3-4 la rete sarà ancora più importante. E l’Agcom potrebbe anche cambiare il proprio nome in Agint: il regolatore di internet».
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