Papa Francesco ha chiesto ai giornalisti di tornare a consumare le suole delle scarpe. Un vecchio adagio che per decenni ha caratterizzato i rapporti tra i “vecchi” e i nuovi professionisti, un “comandamento” profano della professione. Che però, nell’epoca del web, evidentemente sta mutando, seguendo una società che cambia. Si consumano più facilmente i giga che non le scarpe. E il pontefice, rivolto alla stampa, ha ricordato che il racconto del mondo non si può esaurire in una mail, in un twitt, in un atto di presenza social.
Papa Francesco, nei giorni scorsi, ha premiato due vaticanisti internazionali. Si tratta di Valentina Alazraki, di Televisa, e Philip Pulella dell’agenzia Reuters. Entrambi sono stati insigniti del rango, rispettivamente, di dama e cavaliere, di Gran Croce dell’Ordine Piano. L’occasione per il pontefice è stata importante per una pastorale diretta proprio agli operatori dell’informazione. Ha chiaramente ripetuto quel mantra che si diceva spesso: consumate le suole delle scarpe. E ha ingiunto di uscire dalle redazioni per raccontare “le situazioni in cui si vive nel nostro tempo”.
Ascoltare, approfondire, raccontare. Queste, per Papa Francesco, sono le priorità dei giornalisti. Come ha riferito Agi, il pontefice ha dichiarato. “Ascoltare, per un giornalista, significa avere la pazienza di incontrare a tu per tu le persone da intervistare, i protagonisti delle storie che si raccontano, le fonti da cui ricevere notizie”. E quindi. “Ascoltare va sempre di pari passo con il vedere, con l’esserci: certe sfumature, sensazioni, descrizioni a tutto tondo possono essere trasmesse ai lettori, ascoltatori e spettatori soltanto se il giornalista ha ascoltato e ha visto di persona. Questo significa sottrarsi – e so quanto è difficile nel vostro lavoro! – sottrarsi alla tirannia dell’essere sempre online, sui social, sul web”.
L’insegnamento che Papa Francesco ha impartito ai giornalisti è interessante. Perché è un richiamo alla realtà. Il mondo digitale è l’esempio della stortura. Se ne parla come oasi di libertà, dove tutto è disponibile a tutti. Ma ormai abbiamo capito che, specialmente sui social, non è mai il lettore a decidere cosa leggere. E, inoltre, la (pretesa) gratuità del web ha un costo in termini di posti di lavoro, specialmente nell’ambito editoriale, sanguinoso. E non si deve mai dimenticare che si tratta, nel digitale, di una questione di “narrazioni” dominata da “bestie” che si mordono e sbranano per un pugno di like (e voti). La realtà è altrove. E chiama forte.
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