È ufficiale: la delega all’editoria che era stata di Malinconico è stata affidata a Paolo Peluffo, attuale sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega all’Informazione e alla Comunicazione.
Molti sono i dossier “caldi” sulla scrivania di Peluffo. Prima di tutto c’è da avviare le procedure per l’erogazione dei contributi all’editoria che di solito vengono distribuiti nel mese di dicembre (stiamo parlando dei contributi per il 2010). Legato ai contributi c’è il problema dei tagli inferti dai vari governi che hanno reso il fondo per l’editoria del tutto insufficiente e la previsione, contenuta nel decreto salva-Italia, di eliminazione delle provvidenze a partire dalla gestione 2013. Il problema dei contributi e della sopravvivenza investe anche le tv locali che stanno attraversando il delicato passaggio al digitale terrestre. Il 2012 è, infatti, l’anno del completamento dello switch-off in tutta Italia. Per non parlare delle circa 200 piccole emittenti locali ‘espropriate’ delle frequenze ancora in attesa dell’indennizzo promesso dal governo.
Tra gli altri temi importanti c’è il ‘beauty contest’, la paventata abolizione dell’albo dei giornalisti pubblicisti, il regolamento sul diritto d’autore in rete su cui sta lavorando l’Agcom. E poi il grande problema della Rai che a marzo vedrà scadere il consiglio di amministrazione tra rivolte dei sindacati, tagli e audience sempre più basso.
Nessuno vorrebbe stare nei panni del sottosegretario. Ma Peluffo ha una lunga esperienza nel campo della comunicazione e dell’editoria in particolare. È giornalista professionista dal 1990 sa cosa significa lavorare in una redazione e dirigerla. Qualità che gli vennero riconosciute anche dal Presidente del Consiglio, Carlo Azeglio Ciampi, che nel 1993, ad appena 29 anni, lo designò a Capo dell’Ufficio Stampa di Palazzo Chigi. Già a Capo del Dipartimento per l’informazione e l’editoria della presidenza del Consiglio dal luglio 2006 al maggio 2008, Peluffo sembra la persona giusta per rimettere ordine in un settore così travagliato.
Non resta che augurargli buon lavoro.
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