Proprio ora che c’è Papa Francesco e che i drammi continuano a colpire l’Africa, la chiusura della Misna è quasi inspiegabile. Padre Giulio Albanese continua a commentare, carico di dolore e sofferenza, la decisione di chiudere la Missionary International Service News Agency, l’agenzia di informazione che lui stesso aveva fondato nel 1997.
Il missionario continua a raccontare alla stampa che “questa è una scelta fuori dal tempo e dalla storia, in contraddizione con l’inizio dell’anno della misericordia. La missione che ci ha dato Papa Francesco è dare voce a chi non ha voce, raccontare le periferie del mondo. È una sfida culturale. E invece proprio ora, mentre in regioni come la Repubblica Centrafricana, la Somalia, il Congo, succedono cose terribili, la Misna viene chiusa”.
Il sacerdote giornalista parla delle difficoltà che stava attraversando la Misna, ma ricorda anche che
“la Cei aveva fatto una proposta molto generosa: coprire il bilancio per due anni; fornire un service composto da Avvenire, TV2000, Radio in Blu e Sir; offrire una persona per gestire la raccolta dei fondi”. Proposta che è stata tuttavia rifiutata, per quale motivo? Non è ben chiaro e lo stesso padre Albanese fatica a comprenderlo: “Non lo capisco. Gli istituti hanno detto che non è un problema di soldi, ma di personale. Il personale però è laico, e con questa proposta si poteva ripartire. È mancata la visione dell’importanza strategica dell’informazione, da parte della direzione degli istituti. Il mondo missionario ha fatto e continua a fare molto bene, ma sta invecchiando. Così è stato innescato questo meccanismo di eutanasia. Io però spero ancora che in qualche modo sia possibile resuscitare la Misna”.
Negli scorsi giorni Alessia de Luca Tupputi, fiduciaria di redazione, ha provato a spiegare il fallimento del negoziato: “l’estremo tentativo di salvare la testata, grazie al contributo e a una soluzione sostanziale proposta dalla Conferenza episcopale italiana, è stato fatto naufragare” nel momento in cui “i superiori generali dei quattro istituti soci dell’agenzia (Missionari comboniani, Missionari della Consolata, Missionari Saveriani e Pime) hanno lasciato cadere nel vuoto la mano tesa di chi proponeva una ‘exit strategy’ alla crisi dell’agenzia”.
Nella nota la giornalista spiega ancora che “con un voltafaccia inatteso e contrario agli auspici di buona parte del mondo missionario, del volontariato e dell’editoria cattolica e nazionale, i rappresentanti delle congregazioni hanno fatto tramontare ogni speranza per il futuro della testata che da 18 anni racconta l’attualità dei Sud del mondo. Un vero e proprio tradimento nei confronti della redazione – che molto si era spesa in queste settimane per trovare una soluzione che ormai sembrava a portata di mano – ma soprattutto l’atto finale di un progressivo abbandono dell’unica realtà intercongregazionale nella quale i singoli istituti religiosi erano chiamati a lavorare insieme”.
“In tempi in cui si fa sempre più evidente la necessità di aprire al dialogo interreligioso ed ecumenico e all’inizio dell’anno del giubileo della Misericordia, è triste dover constatare che a spegnere la voce di Misna sia proprio l’incapacità delle diverse congregazioni missionarie a dialogare tra loro, mettendo da parte interessi particolari, a favore di un più ampio ‘bene comune’. Una sfida persa per il mondo dell’editoria cattolica, di cui a fare le spese saranno non solo le stesse realtà missionarie, confinate ognuna nel suo angolo, i dipendenti laici e le loro famiglie, ma le periferie del mondo su cui, da oggi, cala un po’ più di silenzio”.
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