Oggi ci sono circa 10mila giornalisti in Italia che lavorano per meno di 5mila euro l’anno e 20mila sotto i 10mila euro. Le problematiche del settore sono molte, dalle contrattazioni che puntano costantemente al ribasso ad un precariato di cui non si vede la fine, dai prepensionamenti forzati cui però non corrispondono nuove assunzioni all’impoverimento diffuso e continui ricatti occupazionali, risarcitori e malavitosi. Per non parlare della querela intimidatoria, sempre più in voga. La situazione messa in risalto a Roma nel corso del convegno “Giornalisti, punto e capo! Cambiare si può. Insieme” organizzata presso l’Ordine dei Giornalisti dal movimento Puntoeacapo è davvero allarmante. Si parla, secondo le parole del presidente dell’Ordine Enzo Iacopino, di colleghi che sono spesso costretti a lavorare per “cifre indegne del vivere civile” pur essendo colonne portanti delle testate che senza il loro lavoro “dovrebbero ridurre la filiazione e altre addirittura chiudere”.
Iacopino anticipa anche il discorso sul tavolo per l’editoria: “andremo a un tavolo sull’editoria e da parte nostra non ci sarà consenso né elargizioni. Ma due richieste: un registro degli editori, perché i cittadini sappiano quanti e quali legittimi interessi ha ognuno di loro; e un fondo per le cause per diffamazione, perché i colleghi possano tutelarsi e vivere serenamente la professione”.
Per quanto riguarda la denuncia circa le tattiche intimidatorie cui sono spesso oggetto i giornalisti in Italia, l’avvocato Giovanna Lucente Corrias spiega “che giuridicamente per sporgere querela bastano tre righe: non si deve pagare né dimostrare nulla”, a fronte invece di richieste economiche devastanti. “E se a un precario chiedi 200 mila euro di danni – riprende Iacopino – come fa poi a tenere la schiena dritta?“.
La precarietà indebolisce e, fa notare il vicepresidente della Commissione parlamentare antimafia, Claudio Fava, anche la mafia lo ha capito: “il numero di minacce e intimidazioni dirette o indirette in Italia tocca cifre che nessun altro paese europeo conosce. E’ un fenomeno che lascia fuori solo la Val d’Aosta e colpisce per lo più giornalisti sotto una certa età, pubblicisti ma non solo, con una fragilità complessiva della propria posizione e giornali che non li possono difendere”.
Tante le criticità, per superarle, o comunque per andare avanti bisogna lavorare “per costruire una rete di tutela per tutti i giornalisti, occupati e disoccupati, pensionati e pensionandi, e per tutti quelli come i colleghi dell’Unità, costretti a pagare in solido le cause per diffamazione”. A dirlo è Carlo Chianura, presidente di Puntoeacapo, che poi lancia un altro messaggio ai sindacati: “non siamo contro il sindacato, ma contro il sindacato che svende i propri diritti”. Da oggi, grazie a un “accordo con professionisti che condividono i principi alla base della nostra azione” ci sono due strumenti concreti di tutela “a disposizione di tutti, senza bisogno di alcuna iscrizione”: consulenze legali gratuite e, a costi ridottissimi (quando non a carico della controparte), assistenza sia in materia di lavoro che diffamazione; e servizi di assistenza fiscale (www.puntoeacapo.org).
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