Fino a qualche giorno fa i giornali cartacei diventavano digitali. Un percorso unidirezionale, quasi obbligato, da un lato un passato del quale quasi vergognarsi, dall’altro il futuro. Se il modello del giornale tradizionale è sicuramente messo in crisi dalle nuove abitudini di fruizione dei contenuti, in realtà quello digitale non ha ancora assunto una forma: certo costa molto meno, non c’è carta, non c’è stampa, non c’è distribuzione, ma i ricavi sono una sorta di incognita quasi sempre rimessa agli ancora più incogniti algoritmi dei motori di ricerca e dei social network.
E a fianco di alcune iniziative di successo, fanpage per esempio, una pletora di iniziative con sempre più enne prima degli zeri, più se ne mettono più si è nel futuro, un assioma alla Crimi, per intenderci, stentano a decollare. Ciò non leva che alcuni giornali nativi digitali si sono affermati; pochi a livello nazionale, diversi a livello locale. In questi ultimi mesi diverse giornali hanno iniziato a seguire il percorso inverso, accompagnando all’edizione web un’edizione cartacea.
In questa direzione sta andando Linkiesta; Wired con iniziative pilota che rappresentano però l’esigenza di vedere la realtà con occhi diversi. Perché se la carta diventa un approdo per chi è nato digitale, molti paradigmi vanno rivisti.
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