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Ora i discografici fanno a pezzi Sanremo

I discografici fanno a pezzi Sanremo. Si alza la voce degli addetti ai lavori che, archiviato il Festival di quest’anno, hanno espresso malumori sempre più pesanti nei confronti della kermesse nazionalpopolare per eccellenza. Non si salva nulla. Né il teatro Ariston, né la questione degli emolumenti, né la città. E tutto finisce sulla graticola. Enzo Mazza, Ceo di Fimi, ha parlato a Rtl 102.5 sulle criticità rilevate a Sanremo: “Il primo punto caldo è l’Ariston, che è un attrezzo vintage. Sicuramente importante per il Paese e per ciò che rappresenta, ma assolutamente inadeguato per fare un evento come Sanremo. Quest’anno c’erano trenta artisti in gara. In più, nella serata delle cover del venerdì, c’erano gli ospiti dei 30 artisti e la situazione, anche a livello di sicurezza, era molto preoccupante”.

Mazza ammette che “tutti sono stati nel Teatro Ariston, è una bomboniera degli anni ’50” e che “ha tutte una serie di sue caratteristiche che oggi, con tutto ciò che ruota intorno all’evento e le persone che ruotano intorno al Festival, è un luogo difficile da gestire”. In più, spiega il discografico “si somma tutta la disorganizzazione della città: alberghi, traffico, impossibilità di portare gli artisti alle prove. Tutto questo è esploso in un’annata che ha visto una grandissima partecipazione anche fuori dall’Ariston, intorno al palco dove fanno gli eventi, davanti agli stand delle radio, ma potete immaginare cosa accade a chi lì deve lavorare”.

Poi c’è la vexata quaestio degli emolumenti degli artisti, dei discografici a Sanremo: “Per quanto riguarda i rimborsi spese agli artisti, si tratta di contributi spese alle case discografiche, quindi non sono dei cachet per gli artisti. Si esibiscono a fronte di un rimborso alle case discografiche che è di circa 55mila euro, più qualche rimborso ulteriore come ad esempio per la serata del venerdì, che è sicuramente irrisorio rispetto agli impegni che vengono assunti dalle case discografiche, perché  quella serata è un evento di spettacolo ma non un evento discografico”. Mazza ha spiegato: “Non è che da questi duetti nascano delle opere discografiche, oppure c’è un’utilità dal punto di vista del mercato. Per non parlare di tutti i costi delle prove”.

Finita? Manco per sogno: “Non chiediamo di cambiare la città, ma chiediamo alla città degli interventi che sono necessari da 30 anni. Da quanto vado io al festival si parlava di una nuova struttura e questo non avviene mai. La città di Sanremo prende 5 milioni all’anno dalla Rai per una convenzione, non si sa dove vadano a finire perché ristrutturazioni della città non ci sono, il nuovo palazzetto per gli eventi non c’è”. Insomma, il caso è serio. E i discografici hanno intenzione di vederci chiaro. Dice Mazza: “Quindi ci chiediamo dove vada a finire questo flusso di denaro se non viene utilizzato per rendere la città più appetibile. Questo sarebbe il primo passo, ci sono state 15mila richieste di biglietti a fronte di poco più di mille posti a disposizione. Ci sarebbe anche un pubblico che segue questo evento e darebbe ulteriore visibilità”. Insomma per i discografici, Sanremo è tutta da rifare.

Infine la tirata d’orecchi alla platea e a chi la “organizza”. Per Enzo Mazza il caso Geolier ne è la prova lampante di tutti i limiti della kermesse sanremese: “Se guardiamo anche dal punto di vista anagrafico, i fischi a Geolier provenivano da una sala prevalentemente formata da adulti e quello è il pubblico di Sanremo, e probabilmente i fischi non sarebbero arrivati se sotto al palco ci fosse stato un pubblico più giovane. Pensate all’Eurovision o a X Factor, che sono eventi innovativi e hanno una dimensione che può recepire il pubblico. Qui si sono rinnovati tutti. Si è rinnovata la discografia, si è rinnovata la radio, si è rinnovata la Rai, l’unica cosa che non si rinnova è il festival di Sanremo”.

Luca Esposito

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