Il prossimo 17 luglio il presidente della corte d’Assise di Bergamo, Antonella Bertoja, dovrà decidere sulla presenza o meno delle telecamere in aula durante il processo a Massimo Bossetti per l’omicidio di Yara Gambirasio. Contro la possibilità di effettuare videoriprese in aula si è già pronunciata il pubblico ministero Letizia Ruggeri che ha chiesto di evitare “una spettacolarizzazione della tragedia”. Ed è questa una volontà condivisa dai Cronisti lombardi. Ma non è negando la presenza in aula delle telecamere o dei fotografi che si evita tutto questo. Chi critica “il circo mediatico” e il fatto che i processi si svolgano nei salotti tv dimentica che proprio il Tribunale è il luogo nel quale il processo deve essere celebrato. Il contesto nel quale accusa e difesa dispongo dei medesimi diritti, nel rispetto delle vittime ma anche degli imputati. Il pubblico ministero ha motivato il suo “parere negativo” sostenendo che durante le indagini “alcuni organi di informazione non si sono comportati correttamente diffondendo notizie che non dovevano essere diffuse”. “Con il profondo rispetto dovuto per questa vicenda e rinnovando la nostra vicinanza ai familiari della vittima – sottolinea il presidente del Gruppo cronisti lombardi, Cesare Giuzzi –, non possiamo però non ricordare come, ancora una volta, si stia assistendo a un tentativo di imbavagliare il diritto all’informazione. Se possono entrare in aula e seguire il processo i cronisti muniti di penna e taccuino, non si capisce perché non debba essere consentito agli stessi cronisti, che peraltro lavorano per giornali cartacei che oggi non possono prescindere dall’uso di foto e video nei siti web, di entrare con supporti di audio-video registrazione. Perché nemmeno i registratori audio saranno ammessi. La presenza di una sola telecamera, che fornirebbe agli altri operatori all’esterno il segnale proveniente dall’aula, non intralcerebbe il regolare svolgimento del processo, conservando il diritto dei testimoni a non essere ripresi su esplicita richiesta. Gli stessi legali dell’imputato sostengono la possibilità di effettuare videoriprese delle udienze”. Il consiglio direttivo del Gruppo cronisti lombardi chiede quindi al presidente della corte d’Assise e a quello del Tribunale di Bergamo Ezio Siniscalchi di valutare con serenità questa decisione, tenendo presente il diritto all’informazione. Vogliamo ricordare, inoltre, che furono gli stessi inquirenti a diffondere le riprese video dell’attuale imputato mentre viene arrestato da carabinieri e polizia all’interno del cantiere. Così come la notizia del suo fermo venne diffusa attraverso un social network direttamente dal ministro degli Interni.
fonte: wwww.francoabruzzo.it
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