I colleghi, da più parti, sollecitano comprensibilmente un chiarimento sulle conseguenze del D.P.R. (“schema di D.P.R.” fino a quanto non passerà il controllo di rispetto della delega ricevuta che è affidato, entro 60 giorni da venerdì 15 giugno, al Consiglio di Stato e alle Camere).
Tutte le affermazioni contenute in questa nota esplicativa corrispondono al contenuto del confronto con il ministro Paola Severino e con l’ufficio legislativo del Ministero della Giustizia, avvenuto in data 18 giugno.
IL D.P.R. Lo schema di decreto presidenziale non poteva contenere la riforma dell’Ordine (né del nostro né di altri). Questo strumento, scelto con il “salva Italia”, doveva espressamente mantenersi nell’ambito della delega che è stata prevista. Chi aveva attese legate, ad esempio, alle modalità di accesso alla professione, al titolo di studio, alla auspicata riduzione del numero dei membri del Consiglio nazionale, al sistema elettorale e a quanto altro necessario per rendere l’Ordine (occupiamoci di noi) un moderno strumento di migliore garanzia del diritto costituzionale dei cittadini ad essere informati, non aveva valutato i ristretti confini della delega.
LA RIFORMA. C’è la dichiarata disponibilità del ministro Paola Severino a valutare una proposta complessiva che si è impegnata a presentare in tempi brevi in Parlamento. Un gruppo di lavoro del Cnog, appositamente costituito, tenterà di mettere a punto una proposta condivisa e la fornirà al ministro per i passaggi parlamentari necessari.
CHE COSA CAMBIA. Nell’immediato nulla. In prospettiva più o meno vicina, le funzioni disciplinari verranno tolte ai Consigli (regionali e nazionale) e affidati a collegi. Quelli “territoriali” saranno composti da cinque persone, scelte tra i membri del “consiglio viciniore”, dal presidente dello stesso, seguendo una “gabbia di competenze” già utilizzata per i magistrati. Per intenderci il presidente del Consiglio dell’Odg dell’Umbria sceglierà tra gli altri 8 membri del suo Consiglio i cinque che diventeranno i “giudici” degli iscritti all’Odg del Lazio. Non sono stati fissati criteri per la scelta, né è chiaro in quale sede avverranno i procedimenti. Cioè saranno ”i giudici” a spostarsi nella regione vicina o a doverlo fare saranno chiamati i colleghi sottoposti a procedimento disciplinare? Il collegio nazionale sarà composto da 9 membri titolari e tre supplenti: tutti giornalisti. Così come è concepito lo schema di D.P.R. è impossibile per l’Odg formarlo perché le nostre elezioni per il consiglio nazionale avvengono su base regionale e non esistono, quindi, i primi degli esclusi. Il ministro sta cercando una soluzione, valutando anche una proposta dell’Odg, per consentire all’Ordine dei giornalisti di formare il collegio. La strada ipotizzata è di chiarire l’esclusione di questo sistema per quanti non hanno elezioni su base nazionali.
LA FORMAZIONE. C’è (per la verità c’era già anche da prima del 13 agosto 2011, decreto Tremonti) l’obbligo della formazione-aggiornamento. Il Consiglio nazionale dell’Odg ha approvato, in data 21 giugno 2012, un regolamento per la formazione-aggiornamento dei colleghi. Il mancato rispetto di quest’obbligo, in base alle norme, rappresenta una violazione deontologica.
ELENCHI E ALBI. L’Ordine continuerà ad essere diviso in professionisti e pubblicisti. Resterà il registro dei praticanti e verranno mantenuti l’Albo speciale e l’elenco stranieri. A proposito di quest’ultimo c’è una novità. Il giornalista non comunitario, in base ad una norma del 1948 modificata nel 1996, non poteva assumere la direzione responsabile di una testata. Con il DPR, tale divieto decade, essendo la discriminazione incompatibile con l’insieme dei provvedimenti fin qui varati sugli Ordini professionali.
PROFESSIONISTI. Restano tutte le norme fin qui vigenti, compresa la necessità di sottoporsi a colloquio per quanti non sono in possesso di diploma di scuola secondaria superiore, e l’esame di Stato a conclusione del praticantato.
PUBBLICISTI. Non solo quanti sono già iscritti, ma anche quanti hanno avviato il percorso previsto dalla legge e quanti decideranno di avviarlo nel futuro dovranno seguire la disciplina vigente che non viene modificata dal DPR né lo era stata dal decreto Tremonti, poi trasformato, o dal salva Italia.
PRATICANTI. Li chiamano anche “tirocinanti”. Il ministro ha chiarito che la norma prevista nel D.P.R. non si applicherà ai giornalisti che continueranno ad avere il praticantato retribuito con le altre garanzie legate al rapporto di lavoro previsto dal Contratto. Tutti i praticanti dovranno fare un corso di formazione, nell’arco di sei mesi (sempre inseriti nei 18), secondo modalità che saranno definite. Il ministro ha valutato con molto interesse l’idea dell’Odg di creare una piattaforma on line, con tutte le garanzie che la tecnologia ormai consente e con la prevista verifica finale.
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