Il Nuovo Corriere inizia le pubblicazioni il 1999 con un progetto editoriale estremamente ambizioso, un giornale diverso dalla Nazione che partendo da Firenze abbracci tutta la Toscana. Un progetto che viene accompagnato dall’impegno dei soci che investono in questo giornale diversi milioni di euro per affermare l’idea di un’informazione diversa. E la serietà è nel numero di giornalisti coinvolti in questa avventura, oltre trenta, dei collaboratori, diverse centinaia, insomma una cosa seria.
L’approccio all’informazione è fortemente orientato al lettore, molta cronaca, i fatti delle persone, un giornale del tutto autonomo da interessi diversi da quelli della copia in edicola e lontano dalla politica e dai suoi inciuci. L’entusiasmo dei primi anni trova, però, ben presto i limiti nel mercato pubblicitario che non garantisce i ritorni che le vendite in edicola lasciavano presumere. E si attiva un circolo vizioso fatto di crisi, difficoltà economiche, finanziarie, patrimoniali. Ma si va avanti, con iniziative editoriali nuove, “lavorare in Toscana” ed “il corriere della scuola”, format innovativi particolarmente legati alle esigenze dei giovani.
I giornalisti si impegnano, ci credono, come i soci, i collaboratori, gli amministrativi, si fanno iniziative speciali, si aprono nuove redazioni, partono nuovi progetti. Ma, intanto, cambia il clima generale, un’iniziativa del genere, dove i soci hanno investito ingenti risorse credendo unicamente in un progetto editoriale e culturale, dove i dipendenti hanno apportato la loro professionalità, credendo ad un’iniziativa editoriale innovativa, diventano oggetto di un duplice attacco; sotto il profilo generale, in quanto percettori del contributo pubblico all’editoria, si vedono, man mano, ridurre le risorse a disposizione non sulla base della legge, ma sulla scorta delle decisioni dei Governi; quello che metti a bilancio sulla base di una legge e di un diritto diventa una concessione del Presidente del Consiglio dei Ministri; e, nel particolare, parte una verifica della Guardia di Finanza che tratta quest’azienda come un covo di criminali.
A nulla contano le copie vendute, i soldi investiti, i lettori, i dipendenti, l’attacco è frontale. Non c’è traccia di un solo euro non destinato all’azienda, ma non basta. Così non ci sono più le condizioni per andare avanti e l’assemblea dei soci deciderà di mettere in liquidazione la società e cessare le pubblicazioni. Tutti a casa, con l’ennesimo giornale in meno, le risorse che lo Stato destinava a garantire il pluralismo vengono spese, di più, in ammortizzatori sociali. Poi tutto verrà archiviato, si trattava di una svista. Intanto a Firenze ed in Toscana è morto un giornale. Libero e autonomo.
Michele Polacco
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