Nuove sfide per l’editoria, cosa vuol dire oggi essere uno scrittore?

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2.191 lettori in meno ogni giorno, il calo delle vendite e il crollo dei contratti non fanno un bel quadro d’insieme per il sistema dell’editoria italiana. Ci sono delle piccole speranze per il futuro, ma diventa essenziale capire come garantire la sopravvivenza di addetti ai lavori e del sindacato

L’industria dell’editoria è alle prese con un momento quantomai delicato in cui è necessario mettere in atto una serie di azioni concrete per cercare di dare ossigeno al settore. Aumentare il sostegno, sul modello americano, e offrire agli scrittori un ruolo maggiore nella fase negoziale dei contratti potrebbero essere delle buone idee, come suggerisce un articolo del Sole 24 Ore, per fronteggiare i numeri della crisi: più di 2.000 lettori in meno ogni giorno (2.191 – dati Istat), la diminuzione del 4,6% delle copie vendute rispetto all’anno scorso, la contrazione dei contratti che si traduce nella crescita esponenziale del numero delle partite Iva a compensi ridotti all’osso.

L’ottimo stato di salute di cui gode il mercato di libri per ragazzi fa comunque sperare nella crescita di nuovi lettori nel prossimo futuro, e anche le notizie che vengono dalla Francia portano ottimismo. Resta ancora da capire come assicurare la sopravvivenza degli operatori e per farlo non si può prescindere da un sindacato per gli scrittori che ha probabilmente bisogno di un po’ di rinnovamento.

In Italia essere uno scrittore non vuol dire tanto essere un professionista, quanto dare sfogo a una passione. Si tratta di una concezione poco veritiera che fa si che solo in pochi sappiano che questo lavoro potrebbe godere di tutela sindacale. Già, perché nel Bel Paese sono attive sia organizzazioni di categoria che sindacati, come la Sns Slc Cgil (la Sezione Nazionale Scrittori), la Fuis (Federazione Italiana Unitaria Scrittori), o la Unsa Uil (Unione Nazionale Scrittori e Artisti).

Proprio il segretario nazionale della Sns Slc Cgil, Emanuela Bizi, spiega che il Sindacato Nazionale Scrittori, fondato nel 1945 da Di Vittorio, fino agli anni 80 è stato un riferimento importante per gli scrittori, che si riconoscevano in esso in gran parte. La crisi della rappresentanza ha poi allontanato gli autori che hanno creato una miriade di associazioni e una polverizzazione della rappresentanza”.

Il lavoro svolto dalla Sezione Nazionale Scrittori segue la scia di quello che succede negli Stati Uniti o in altri Paesi europei, dove lo scrittore è decisamente più tutelato e sostenuto, anche grazie a borse di studio e sovvenzioni statali, ed è sempre più evidente la necessità di riavvicinare il mestiere a una protezione di matrice istituzionale.

In un momento in cui l’Europa è impegnata a riscrivere le norme del diritto d’autore, l’esigenza di trovare riferimenti rappresentativi importanti è doppiamente centrale. Queste norme sono interessate anche dalle possibilità create dallo sviluppo veloce delle tecnologia, dalla nascita di nuovi veicoli dei contenuti, “nuove frontiere che vedono le leggi italiane sul diritto d’autore inadeguate a difendere gli autori”, afferma ancora la Bizi. “Ma le sfide riguardano anche le diverse impostazioni dei Paesi europei e del mondo. Il sindacato diventa pertanto un riferimento importante, essendo un soggetto che può rappresentare anche nei confronti del Mibac e della Siae le esigenze degli autori”.

La vera e grande sfida è costituita dal web e dai nuovi modi di fruizione dei contenuti, che vanno difesi definendo la loro qualità: “significa cioè ragionare su come possiamo difendere il diritto alla diffusione della conoscenza e la difesa dell’autore che è fondamentale per la qualità e la libertà dei contenuti, caratteristiche piene della democrazia”, prosegue il segretario nazionale della Sns Slc Cgil.

Altro tema caldo, come già anticipato all’inizio dell’articolo, è quello relativo alla tutela contrattuale. La Bizi, infatti, conclude il suo intervento sottolineando un compito fondamentale del sindacato:contrattare con gli editori i contratti collettivi nazionali. La Cgil, afferma, “è impegnata a porre la necessità di includere anche figure tipicamente autonome e parasubordinate per creare regole e diritti anche alle nuove figure di lavoratori autenticamente autonomi. Intendiamo quindi proporre anche un percorso che veda gli editori responsabilizzarsi nei confronti degli autori, trovando nei contratti editoriali dei punti qualificanti”.

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