Una piaga che affligge l’editoria italiana rimane ancora, sostanzialmente, sconosciuta. Con il proliferare delle nuove tecnologie, grazie all’utilizzo di piattaforme sempre più raffinate e sempre più sguiscianti, i quotidiani italiani vengono letti ogni giorno, completamente gratis, da migliaia di persone.
Repubblica, che ne ha parlato diffusamente oggi con un articolo in proposito, stima che il fenomeno riguardi direttamente oltre mezzo milione di lettori. Che, lungi dall’acquistare il loro quotidiano, la loro rivista, la loro copia in edicola o tramite i canali tradizionali e legali, si iscrivono a piattaforme su Telegram oppure su WhatsApp dove le copie digitali, o scannerizzate, vengono diffuse in cambio di un clic.
Ciò non porterà a nulla di buono. Gli editori si vedono frodati dei guadagni e, perciò, avranno margini di budget sempre più ridotti per i loro giornali. I giornalisti si troveranno a lavorare sempre di più e a ottenere sempre di meno, ciò spingerà a “rischiare” sempre meno e a produrre sempre meno qualità. I lettori (anche quelli di Telegram) si ritroveranno sempre meno giornali, quindi meno libertà, meno informazione e meno diritti praticati.
Le associazioni di categoria, in testa la Fieg, hanno dichiarato da tempo guerra al fenomeno. Ma, come sempre accade su internet, per una postazione “abusiva” che si chiude, se ne riaprono dieci. È una lotta impari, spesso condotta al di là dei confini nazionali. Perché le piattaforme non sono italiane e ben poco potere contrattuale hanno le autorità nazionali nei confronti di multinazionali che rispondono a dinamiche e logiche del profitto proprio.
Il rischio, però, è grandissimo. Quando il lavoro non viene pagato, quando si costringono i giornali e i giornalisti ad accontentarsi di cifre sempre minori, non ci si può aspettare che il declino di un settore. Che non riguarda solo i giornalisti ma che investirà, prima o poi, gli editori e, infine, i lettori. Specialmente quelli furbetti.