NON SOLO SALLUSTI: ALTRI CASI DI “DIFFAMAZIONE”

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Giudice assolve giornalista: l’articolo non era diffamatorio. Il giornalista querelato: «Ho avuto ragione, ma ho perso tempo, soldi e rapporti umani».
Querele e richieste enormi di risarcimenti: succede in continuazione. Il caso di Sallusti, direttore de Il Giornale, condannato dalla Cassazione a 14 mesi di reclusioni, ha sollevato un polverone con tanto di polemiche. Tutto questo perché è successo a Sallusti.
Ma faccende simili, forse anche peggiori, accadono spesso nel Belpaese. A volte finiscono col giornalista in galera o costretto a risarcire (male?); altre volte si viene assolti a tutto vantaggio della libertà di stampa (bene?).
Raccontiamo ora una storia che si inserisce in quest’ultima fattispecie. La faccenda la sottolinea Ossigeno Informazione (un osservatorio sui giornalisti minacciati promosso dalla Fnsi e dall’Ordine).
Siamo a Catania, nell’estate del 2010. Creattivamente, un piccolo giornale locale di inchieste diffuso ad Aci Castello, pubblica un articolo sull’onorevole Raffaele Nicotra, deputato all’Assemblea Regionale Siciliana. Nicotra, prima in quota Pdl e poi in Udc, era stato nominato presidente del Consorzio Etneo per la Legalità e lo Sviluppo. Si tratta di un ente che gestisce i beni confiscati alla mafia. Ma a Alberto Cambera, fondatore, nonché giornalista di Creattivamante, qualcosa non torna. In effetti Nicotra, era stato sindaco di Aci Catena. Ma il Prefetto gli tolse la fascia tricolore. Il motivo? Ravvisati collegamenti tra Nicotra ed esponenti legati ad una famiglia mafiosa. In altre parole il comune presieduto da Nicotra fu sciolto per mafia. Cambera ebbe l’ardire di sottolineare in dettaglio la faccenda. Il titolo dell’articolo era significativo e ironico: «L’uomo giusto al posto giusto». E Nicotra reagì querelandolo per diffamazione a mezzo stampa.
L’iter legale è durato 2 anni. Lo scorso luglio, il gup di Catania ha assolto il giornalista: il pezzo era basato sulla verità dei fatti (tra l’altro c’erano le testimonianze dei Carabinieri, del Ministero dell’Interno e della Polizia di Stato): «Il consiglio comunale di Aci Catena è stato effettivamente sciolto anche a causa dei ravvisati collegamenti tra il sindaco Nicotra ed esponenti di Aci Catena legati alla famiglia mafiosa Santapaola-Ercolano».
Dunque una storia a lieto fine per la libertà di stampa? Dipende. «La sentenza alla fine mi ha dato ragione, ma questa causa mi è costata soldi, tempo e anche rapporti umani», ha spiegato Cambera. Per non parlare del cosiddetto «effetto dissuasivo» (lo dice la Corte di Strasburgo) che queste storie hanno sulla libertà di stampa ed espressione.

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