NOMINE AGCOM: ECCO PERCHẾ LA TRASPARENZA Ề IMPORTANTE

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Candidature e curricula pubblicati in rete entro il primo giugno. I “pretendenti” dovranno assicurare l’esclusione di eventuali conflitti di interesse. Siamo di fronte ad una operazione per la trasparenza che non ha precedenti. Certo, saranno sempre i parlamentari ad eleggere i quattro commissari dell’Agcom. Due spettano alla Camera e altrettanti al Senato. Inoltre il presidente è proposto direttamente dal presidente del Consiglio. Tuttavia le scelte saranno “controllate” dall’opinione pubblica. La gente conoscerà i candidati e i relativi curricula e potrà valutare i criteri di nomina.
Non solo. L’operazione trasparenza potrebbe consentire ad un candidato respinto di impugnare una eventuale nomina scorretta e ricorrere al Tar. Ma perché tanto clamore ed interesse? La riforma del diritto di autore è lì che aspetta. La “vecchia” Agcom ha già tentato di porre limiti alla rete. La delibera è stata stroncata sul nascere grazie ad un vasto movimento di proteste. Sarà la nuova Autorità ad affrontare il problema. Ecco perché è importante scegliere bene.
La richiesta di trasparenza non è arrivata solo dalla società civile e dagli internauti. A chiederla è stato anche il relatore speciale delle Nazioni Unite per la libertà di manifestazione del pensiero. Si sono espressi, tramite una lettera alle Camere, circa 80 parlamentari bipartisan. Molti di questi, oltre a chiedere nomine trasparenti e meritocratiche da discutere sotto gli occhi vigili dei cittadini, sostengono Stefano Quintarelli, «un tecnico che non può essere ricondotto a nessuno schieramento in particolare, e che per le sue competenze ha ricevuto in rete una candidatura “orizzontale” appoggiata da migliaia di persone», si legge sul sito di un parlamentare. La scelta di Quintarelli significherebbe promuovere una Rete libera all’insegna della condivisione della conoscenza. Un incubo per le lobby del diritto d’autore.
La condivisione dei contenuti e la libertà della rete mal si conciliano con le regole del copyright e della proprietà intellettuale. Trovare una legge che unisca virtuosamente tali concetti è molto difficile. Bisogna scegliere se imboccare la strada del rigore censorio, che può sfociare in una limitazione delle libertà civili, o quella della condivisione. Anche quest’ultima non è priva di rischi in quanto potrebbe ledere i diritti di chi produce contenuti o qualsiasi opera d’ingegno.
Interessante è la tesi di Maurizio Dècina, ordinario di reti e comunicazioni al Politecnico di Milano. Dècina, in una lunga intervista a L’Espresso, afferma che l’origine dei mali «è partito dal decreto Romani sull’audiovisivo che ha esteso alla Rete le vecchie regole televisive e su questa base ha poi demandato all’Agcom il compito di creare nuove norme per la tutela del copyright su internet». Per Dècina tale provvedimento, che è ancora in Parlamento, è un pericolo per la libertà di internet. Urge dunque «una legge che rinnovi il diritto d’autore. Solo il Parlamento , e non l’Agcom , è in grado di affrontare la questione in modo pienamente democratico, trovando una formula innovativa che coniughi i duplici interessi in gioco: quello di una rete libera e aperta e quello della protezione della proprietà intellettuale». Dècina propone anche qualche idea: «la nuova normativa non può limitarsi a porre divieti, ordini di rimozione e sanzioni, che si sono rivelati sempre inefficaci. Bisogna ricercare forme più moderne di tutela del diritto d’autore, quali le licenze collettive, i creative commons. L’Agcom dovrebbe promuovere l’offerta legale di contenuti digitali e limitarsi a prevenire le violazioni (con funzioni di vigilanza e ispezione). Non dovrebbe reprimere e sanzionarle. Dovrebbe dare supporto alla giustizia ordinaria esclusivamente in via sussidiaria, ad esempio formulando istruttorie preparatorie ai casi di violazione del diritto d’autore».
Infine un consiglio significativo arriva anche dall’Europa. François Hollande si è schierato contro la legge sul diritto d’autore, nota come Hadopi. Per Hollande è inefficiente e ingiusta. Il nuovo presidente della Francia vorrebbe trattare i prodotti culturali diversamente da quelli commerciali. Si tratterebbe della cosiddetta “Exception Culturelle”.
In Italia per ora ci accontenteremo di “eccezionali” scelte trasparenti.

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