Stangata del Garante della Privacy al Ministero degli Interni: i dati degli arrestati non si possono pubblicare se non per comprovate “necessità” di giustizia o di polizia. Per questo il Viminale dovrà sborsare 110mila euro, complessivamente, per fare fronte a due sanzioni, emesse a carico del Ministero a causa della diffusione, da parte di due Questure, nel corso di conferenze stampa, di immagini e video di persone arrestate o detenute, lesivi della loro dignità, senza che la divulgazione fosse giustificata da necessità di giustizia o di polizia.
Nel primo episodio, il video finito al centro del provvedimento assunto dall’authority era stato pubblicato su alcuni siti internet e testate giornalistiche e “mostrava i volti in primo piano e i nominativi di otto persone arrestate e le immagini dei momenti in cui venivano condotte (in questo caso, con il volto coperto) dagli agenti di polizia nelle auto di servizio”. Il video, liberamente visibile per oltre 5 anni sul profilo Facebook di una Questura, era stato rimosso dopo l’intervento dell’Autorità.
Nell’irrogare la sanzione di 60mila euro per questo episodio il Garante ha “ritenuto che – alla luce della normativa nazionale ed europea, e della giurisprudenza della Corte di Cassazione e della CEDU – le immagini, per le caratteristiche dell’inquadratura e la presenza del logo della Polizia di Stato, fossero nella sostanza assimilabili alle foto segnaletiche, pur non avendo i numeri in sovrimpressione. La diffusione delle foto segnaletiche – sottolinea l’Autorità – è consentita solo se ricorrono fini di giustizia e di polizia o motivi di interesse pubblico”.
Nel corso dell’istruttoria invece non è emersa alcuna necessità di divulgare le immagini in questione, in aggiunta alle altre informazioni fornite alla stampa. La Questura è così incorsa in un trattamento non necessario, eccedente e lesivo della dignità della persona, che deve essere tutelata in ogni situazione, specialmente, come sottolineato dalla Suprema Corte, quando si trovi in una situazione di momentanea inferiorità e, ad esempio, sia ripresa in uno stato di soggezione (posizione forzata del soggetto, ritratto in primo piano senza il suo consenso, situazione obiettivamente umiliante).
Nel secondo caso, un’altra Questura ha divulgato alla stampa, sempre senza che ve ne fosse alcuna necessità, le generalità e l’immagine in primo piano di una persona già in carcere per dare la notizia di un ulteriore provvedimento restrittivo emesso nei suoi confronti. Il Garante ha ritenuto illecita anche questa divulgazione di dati personali e ha applicato al Ministero una sanzione pecuniaria di 50mila euro.
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