Il seminario organizzato dai due sindacati dal titolo “Il piano delle reti di nuova generazione per lo sviluppo e la crescita” conclusosi ieri a Roma, ha spaziato dai piani del governo al ruolo degli enti locali per la realizzazione delle Ngn, stigmatizzando il taglio per ragioni di finanza pubblica degli 800 milioni di euro derivanti dal surplus dell’asta Lte al settore delle Tlc.
Superare il forte ritardo tecnologico del nostro paese, colmando il digital divide e raggiungendo così gli obiettivi dell’Agenda Digitale dell’Ue, puntando sulle Ngn come leva di crescita economica. Intervenire con incentivi sugli investimenti e modifiche normative da parte dell’Agcom. Questo in sintesi il messaggio della Slc-Cgil.
«Per la realizzazione dell’Lte e della fibra, oggi sarebbe sbagliato mettere in competizione fisso e mobile – ha detto Alessandro Genovesi, segretario nazionale della Slc Cgil – Fra qualche anno l’Lte sarà in competizione con l’Adsl. Gli operatori mobili hanno sborsato 4 miliardi per le frequenze Lte e dovranno spendere 1,5 miliardi a testa per la realizzazione dei network 4G». Secondo Genovesi, è necessaria una “leva pubblica, magari Infratel, che porti la fibra fino alle antenne nelle aree a fallimento di mercato e una leva legislativa per abbassare il contenzioso con le tivù e liberare le frequenze.
L’Agcom, poi, potrebbe fare due cose secondo il sindacato: da un lato, un abbassamento delle tariffe di terminazione sul mobile solo a fronte di un vincolo per gli operatori fissi di destinare una quota dei risparmi alla costruzione di reti Ngn in fibra.
Dall’altro, l’Authority potrebbe individuare una terza fascia di territorio, le aree intermedie potenzialmente competitive, al di là delle aree a fallimento di mercato e di quelle a successo di mercato, superando così la rigida bipartizione imposta a livello europeo. “Sarebbe una soluzione per incentivare investimenti in particolare nei distretti industriali – precisa Genovesi – che di fatto in base alle distinzioni meramente demografiche dell’Ue non rientrano nelle aree competitive, ma in Italia sappiamo che non è così”.
Un’altra leva da usare è quella degli Over the top, che secondo il sindacato devono contribuire alla realizzazione delle Ngn “con un chip elettronico dello 0,5% del loro fatturato”. Serve, infine, una regia pubblica per coordinare i vari interventi sul territorio, evitando sovrapposizioni nella posa delle reti.
Per Francesco Vatalaro presidente del Comitato Ngn dell’Agcom «L’Ue ci spinge alla realizzazione della rete ultra broadband a 100 Mbps entro il 2020. Bisogna portare l’Ftth nelle case degli italiani. Entro il 2015 il 15% delle famiglie europee devono essere collegate in fibra, ma siamo in ritardo. Le famiglie abbonate sono pochissime». Un elemento che potrebbe spingere verso la fibra, secondo Vatalaro, «è la tivù diffusiva – precisa – e nel 2017 con l’avvento sul mercato di schermi piatti, ultra high vision, ogni canale tivù occuperà una capacità di banda circa 10 volte superiore a oggi». Insomma, entro il 2017 la gran parte delle tivù, secondo Vatalaro, migrerà sulla fibra.
Non sono mancati poi gli interventi dei principali operatori di tlc.
«In Italia gli operatori Tlc nel complesso investono di più rispetto agli altri paesi rispetto ai ricavi – dice Oscar Cicchetti, direttore Strategy di Telecom Italia. Infratel in questo senso qualcosa ha fatto». Passando alla proposta di Metroweb, Cicchetti dice che «può aprire a interventi pubblici e parapubblici della Cassa depositi e prestiti – dice – ed è una direzione giusta. Tanto più che gli operatori in Italia sono disposti a investire, come dimostra l’asta Lte.»
Per Giuseppe Gola, direttore Finanza e Acquisti di Wind, «Nei prossimi 5 anni ci sarà un calo dei ricavi sul fisso e sul mobile del 3-4%». Nel mirino di Wind gli over the top: «Facebook e Google ci cannibalizzano i ricavi – dice Gola – se i portali italiani avessero la possibilità di gestire i dati personali degli utenti allo stesso modo di Google e Facebook sarebbe diverso».
«L’Italia non sa convivere con la competizione ribadisce invece Marco Bragadin, amministratore delegato di TeleTu, che fa capo a Vodafone Italia – il settore mobile continua ad investire massicciamente, sulla rete fissa invece si fatica. L’ex incumbent è dominante nel fisso. Per la realizzazione della banda ultralarga serve una copertura complementare fisso-mobile, con prevalenza del fisso nelle grandi città». Sulla Fibra poi prosegue: «Vodafone potrebbe entrare in Metroweb, se il raggio d’azione dell’azienda si allargherà. Non è obbligatorio realizzare un’unica rete – dice Vatalaro – il problema vero sul tavolo è realizzare diverse eventuali reti in contemporanea per non moltiplicare i costi di scavo».
(Corriere delle Comunicazioni)
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