New Media, Terzi: “Strumenti di democrazia, connettono coscienze. Ma attenti ai rischi”

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“Le nuove tecnologie sono strumenti di democrazia” e se vero che “Twitter e Facebook non possono certo abbattere le dittature, possono, tuttavia, connettere le coscienze, favorire l’organizzazione della protesta, convogliare le rivendicazioni, allargare la sfera di consapevolezza dei diritti umani e raccontare al resto del mondo ciò che accade durante una rivoluzione, specie quando i mass media tradizionali sono oscurati dalla censura”. Lo ha detto il ministro degli Esteri Giulio Terzi nel corso del seminario “Digital Media in zone di guerra” organizzato dalla Farnesina in collaborazione con Wired Italia e in corso di svolgimento nella Sala delle Conferenze Internazionali di Roma. L’evento, al quale hanno preso parte anche numerose scolaresche, vede schierati, in prima fila, esperti e rappresentanti del mondo della “digital strategy”, tutti pronti a confrontarsi sull’informazione in territori geograficamente distanti, ma percepiti come assai prossimi al mondo occidentale, ed all’Italia in particolare, grazie al lavoro di documentazione svolto da militari in missione, cooperanti, giornalisti e blogger.
Terzi, parlando alla vasta platea presente in aula, ha spiegato che ai giorni nostri la domanda da porsi non è più “social media sì, social media no”, ma “come governare questi nuovi strumenti”. “L’esperienza più recente – ha proseguito – dimostra che i new media possono favorire il cambiamento”. L’esempio più significativo, d’altronde, è giunto dalle primavere arabe che sono state favorite anche “dalle reti di libertà create dai digital media” ha aggiunto il ministro. E proprio gli eventi che si sono verificati nel mondo arabo sono stati una dimostrazione di come, “in un mondo globale e interconnesso, ciò che accade in un continente può influire sul corso degli eventi in un’altra area del mondo. “Per fare solo un esempio – ha continuato Terzi – , nei colloqui avuti durante la mia missione in Asia, mi è stato detto che una delle ragioni per cui la giunta birmana ha deciso di avviare i processi di riforme democratiche, sarebbe riconducibile all’effetto delle primavere arabe. Le immagini dei giovani arabi scesi nelle piazze ha prodotto aperture in un paese geograficamente e culturalmente lontanissimo dal Mediterraneo”.
Il ministro degli Esteri ha sottolineato, inoltre, come la spinta verso la democrazia impressa dai new media abbia incontrato però “numerosi ostacoli e difficoltà”, la cui dimensione è stata chiarita nel rapporto “Web 2.0versus Control 2.0” messo apunto da Reporter sans Frontiers nel quale è scritto che “sono almeno 60 i paesi che censurano in vario modo la rete e le nuove tecnologia, rallentando artificialmente la banda disponibile per la trasmissione dei dati, oscurando siti e blog o, ancora, filtrandone i contenuti”. Inoltre, “in certi Paesi, i partecipanti a forum di discussione on line sono intercettati, identificati, e a volte arrestati”. Pertanto, il messaggio di libertà e democrazia che arriva dai digital media “va sostenuto, senza arretramenti e dobbiamo anche riflettere su cosa possiamo fare per far arrivare il web la dove ancora non c’è, per far sentire la voce dei deboli, degli emarginati, dei perseguitati”. Terzi ha ricordato poi come negli scenari di guerra i digital media si rivelano essere particolarmente utili anche per il fatto che documentano “ciò che i media tradizionali non documentano”. Televisioni e radio in genere, ha continuato il ministro, raccontano “macro-storie” ma non sempre “si appassionano alle piccole storie di uomini e donne, che sono però utili per meglio comprendere gli eventi politici”. In conclusione il titolare della Farnesina ha messo anche in guardia rispetto al rischio di notizie false e infondate che possono essere diffuse attraverso i new media: “se è vero che l’uso dei social network come fonte di notizia permette di raccogliere molti più materiali di prima mano sul terreno, e consente una cronaca più rapida e accurata, è anche vero che la rete resta un magma di comunicazione mista a propaganda. Per utilizzarla come fonte utile c’è bisogno di giornalisti preparati e rigorosi nella verifica, capaci di filtrare, approfondire e contestualizzare i fatti”.

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