Passata nel 2014 nelle mani di Facebook, Whatsapp Inc. è accusata di cessione indebita di dati personali e di scarsa trasparenza dei Termini di utilizzo ai danni degli utilizzatori
Sono più di un miliardo dislocati in oltre 180 Paesi diversi coloro che quotidianamente usano WhatsApp, l’app di messaggistica fortemente voluta da Mark Zuckerberg, patron di Facebook, che a febbraio di 2 anni fa sborsò ben 14 miliardi di dollari per una delle acquisizioni più onerose della storia. Il successo del servizio fu immediato e di tale portata che il social di Menlo Park ha studiato come gestire a suo favore l’enorme quantità di dati fruibili grazie all’app. Non è un caso, quindi, che recentemente il team del gigante californiano abbia cambiato le condizioni contrattuali e la normativa legata alla privacy indispensabili per utilizzare il servizio, finendo nel mirino dell’Autority.
E più precisamente l’Antitrust, alla luce delle numerose segnalazioni e proteste degli utenti, ha deciso di aprire due istruttorie il cui esito potrebbe rivoluzionare la policy del social più popolare del Pianeta con gravi ripercussioni, sia in termini economici che di immagine. La prima inchiesta riguarda la migrazione di dati personali (numeri telefonici, mail) da whatsapp a facebook. L’altra accusa che ha generato il secondo procedimento, si basa sulla presunta violazione del Codice del Consumo secondo la quale whatsapp avrebbe posto alcune clausole coercitive ai costringendo i suoi follower ad accettare nuove condizioni (la condivisione dei dati in primis), pena la mancata accessibilità del servizio.
Un polverone simile si è alzato anche OltreOceano. In questi giorni negli USA tiene banco e fa molto discutere la diffusione di una nuova norma della Federal Communications Commission proprio sulla privacy. Diversamente da quanto stabilito nel giugno scorso, la FCC ha concesso ai provider a banda larga di incassare il via libera da parte degli utenti per ottenere e cedere a terzi i loro dati personali, con tanto di plauso da parte di colossi dell’informazione come Verizon, At & t. e Comcast e malcontento di migliaia di utilizzatori.
Tornando nel Vecchio Continente ad affiancare il Garante contro whatsapp è intervenuta anche l’UE attraverso Margrete Vestager, Commissario alla Concorrenza che, preoccupata della posizione sempre più dominante di Facebook, ha chiesto chiarimenti su alcuni punti fondamentali come il diritto a modificare il contratto, la corretta interpretazione dei termini di utilizzo e le azioni da perseguire qualora si subiscano disfunzioni o interruzioni del servizio. A tal proposito, s’inserisce un nuovo motivo del contendere che riguarda più da vicino aziende e professionisti (al momento gli unici che possono ricorrere alle vie legali) che si sono uniti al coro facendo la voce grossa perché costretti, in caso di controversie, a fare riferimento ai tribunali americani, attualmente gli unici Fori competenti, situazione molto svantaggiosa per chi non risiede negli States.
In merito alla questione, in Italia è intervenuto duramente Carlo Rienzi, Presidente Codacons, che ha espresso la sua posizione in materia di net security ribadendo con forza che nessuno può in alcun modo ledere i diritti e la privacy dei consumatori italiani, nemmeno colossi del web come Facebook. In questo modo il Presidente Rienzi ha appoggiato pienamente l’iniziativa dell’Antitrust, augurandosi che la doppia istruttoria possa fare chiarezza al più presto sull’annosa questione in modo che non venga minata o limitata la libertà degli utenti. Sempre più isolato, non sarà facile per Zuckerberg dare spiegazioni e chiarimenti sull’uso dei dati fatto dalla sua piattaforma per scopi pubblicitari senza che nell’informativa di whatsapp vi sia alcun riferimento che i contenuti possano essere utilizzati per finalità di marketing.
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