Tra 10 anni il web potrebbe essere soppiantato dalle applicazioni.: è quanto trapela da un Report di Pew Research Center, che si basa su un sondaggio condotto su 1021 esperti ICT. Un’applicazione non è altro che un insieme di istruzioni informatiche creato allo scopo di rendere possibili determinati servizi per gli utenti. In pratica possono essere definiti applicazioni tutti quei programmi creati per un determinato scopo , in contrapposizione agli strumenti di base necessari per il funzionamento del computer (sistema operativo). Già oggi le apps stanno riscuotendo enorme successo nei device mobili, come dimostrato dalla floridità del mercato degli smartphone. Gli OTT sono i principali fautori delle applicazioni, che assicurano entrate economiche più ingenti di quelle derivanti dal web. In più, attraverso la distribuzione delle apps nei propri stabilimenti, Amazon, Apple e soci possono avere un controllo maggiore delle attività dell’utente.
L’esperto Stowe Boyd ritiene che gli utenti stiano passando da un modello browser-based ad un modello apps-based. Per Boyd, tra cinque anni, al massimo sette, le apps sostituiranno integralmente i browsers. Il browser è un programma che consente di usufruire dei servizi di connettività in rete (per intenderci, Internet Explorer). La visualizzazione dei contenuti delle pagine web avviene grazie alla capacità del browser di tradurre in testo l’HTML, il codice con il quale sono scritte la maggior parte delle pagine web. La navigazione via browser è caratterizzata dai risultati casuali generate dalla ricerca. Al contrario un modello basato sulle apps è in grado di soddisfare immediatamente i bisogni specifici dell’utente. Per Richard Titus, venture capitalist, la semplificazione garantita dalle applicazioni, se da un lato migliora la ricerca, dall’altro potrebbe creare dei “walled garden” per l’utente. “Walled Garden” è un termine che di solito si riferisce ai software utilizzati per evitare ai minori la fruizione di siti considerati pericolosi e violenti. Usando questa denominazione in relazione alle apps, Titus fa notare che esse “ingabbiano” l’utente, costringendolo ad accedere ad un più ridotto novero di informazioni e sconvolgendo un modello consolidato da anni.
Giuseppe Liucci