Archiviato, almeno in Europa, il trattato Acta, l’Unione Europea torna a parlare di diritto d’autore. Lo fa attraverso Neelie Kroes, Commissario per la Digital Agenda, che ha sempre sostenuto la necessità di una nuova normativa sul copyright. L’arringa della Kroes ha avuto a luogo a Lisbona in un summit che aveva come tema l’innovazione e la proprietà intellettuale.
Il Commissario ha messo a confronto i progressi tecnologici dell’ultimo decennio con l’arretratezza delle leggi sovranazionali sul diritto d’autore. 11 anni fa l’Europa dava vita alla Direttiva sul Copyright (Direttiva 29/2001 CE). La Kroes lascia intendere che sia stata l’ultima misura comunitaria riguardante il copyright, ma in realtà ad essa sono seguite le direttive IPRED 1 e IPRED 2, recepite rispettivamente nel 2004 e nel 2007. Nella prima, detta anche direttiva enforcement, sono contenute diverse misure a favore degli utenti (la più importanti delle quali è il fair use statunitense, secondo cui la riproduzione in copie o su supporto audio o con qualsiasi altro mezzo, a fini di critica, recensione, informazione, insegnamento non è qualificato come reato). La seconda ha rafforzato i diritti dei titolari di copyright, rendendo più aspre le misure penali per i reati connessi al diritto d’autore. Fatti salvi gli utenti, la direttiva punisce coloro che violano i diritti di proprietà intellettuale con finalità commerciali. Insomma, qualcosa c’è stato, anche dopo il 2001.
In seguito, la Kroes si è interrogata sulla funzionalità del copyright, da intendere come strumento per stimolare la creatività. Per il Commissario UE vanno abbattute le barriere tra Stati, che ostacolano gli investimenti delle potenze extraeuropee. E, per farlo, è necessaria la creazione di un mercato comune. Parole condivisibili, ma quando saranno seguite dai fatti? Per anni gli Stati membri hanno discusso del trattato ACTA, poi bocciato dal Parlamento Europeo. Un accordo zeppo di restrizioni, che di certo non stimolava l’innovazione.
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