Elon Musk dice che l’intelligenza artificiale è nichilista e woke. In pratica, il tycoon afferma, anzi riafferma, uno dei pericoli che circonda l’Ai e cioè quello che possa diventare uno strumento terrificante di omologazione culturale e, quindi, di propaganda. Al di là del merito e delle ragioni che spingono Musk, che s’è scoperto in tremendo ritardo sulla corsa all’intelligenza artificiale e ne è diventato arcinemico quando OpenAi ha lanciato ChatGpt (molto) prima della sua Grok, a essere scettico sulle nuove tecnologie. Il tema è serio e riguarda il pluralismo. Che è, sempre di più, il convitato di pietra, il grande assente, pian piano, del dibattito pubblico sull’informazione.
Eppure, come insegna il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, senza pluralismo non c’è democrazia. Ma oggi, anche grazie alla polarizzazione dei social network che hanno cancellato con un tratto di penna, anzi con un clic, tutte le sfumature del dibattito, c’è sempre più l’idea di bannare, vietare, criminalizzare il dissenso e imporre la propria visione del mondo e delle cose come l’unica possibile, giusta e, soprattutto, legale. Uno scenario inquietante che assomiglia di più alla grigia Urss dei tempi che furono piuttosto che a una democrazia liberale adulta e matura. Secondo Musk le intelligenze artificiali “tendono a essere addestrate per essere politicamente corrette e, per molte di esse, addestrate nella Baia di San Francisco, hanno adottato la filosofia delle persone che le circondano, il che è comprensibile”. In queste Ia, spiega ancora Musk, “è stata incorporata una filosofia woke e nichilista, e sono addestrate a dire cose folli che a volte sono molto fastidiose”. Per un proprietario di social come lui, in fondo, una manna dal cielo: Twitter, anzi X, lucrano sui post, sulle reazioni, sugli scontri. Ma alla lunga il rischio è quello di fornire, a chi potrà gestirlo, uno strumento troppo potente, squilibrante. Impossibile da affrontare per gli avversari e, dall’altro lato, difficilissimo da gestire.
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