L’editoria italiana ha aperto una nuova era. L’età delle fusioni inizia lo scorso ottobre con la nascita di Mondazzoli: Rcs Mediagroup cede a Mondadori Rcs Libri per 127,5 milioni di euro. Una trattativa andata avanti per mesi giunge a conclusione e consegna al mercato italiano il suo nuovo colosso editoriale (già ribattezzato da molti “Mondazzoli”), leader indiscusso del mercato nazionale. Antitrust permettendo.
Ora è il turno della versione di una sorta di Mondazzoli dei quotidiani. La fusione tra il gruppo L’Espresso e Itedi, già ribattezzato “Stampubblica”, porta infatti alla creazione di un colosso dal 22% di tiratura giornaliera. Come rileva il sito Lettera 43, molti siti web o giornali come il Fatto, il Foglio, il Giornale o Libero hanno provato a rispondere a quesiti del tipo: quali sono i rischi per la libertà di stampa? Come si trasformeranno i principali quotidiani italiani? L’operazione poggia su basi finanziarie solide? L’Antitrust, non avrà nulla da dire? E i giornalisti, quanti ne resteranno a casa?
Giorgio Meletti ha parlato della fine di un gioco giornalistico fatto di vendette della grande finanza e Giuliano Ferrara ha decretato la fine dell’epoca dei poteri forti, mentre Alessandro Sallusti ha evidenziato che la stessa intellighenzia che si era mobilitata per lo strapotere di Mondazzoli rimane ora in silenzio. Gianpaolo Pansa ha parlato in maniera molto diretta: la vanità dei direttori di mettere una notizia in più dei loro concorrenti rappresenta l’unico antidoto contro l’appiattimento e l’omologazione.
Ma per qualche motivo su giornali come Corriere della Sera, Repubblica o La Stampa di questi argomenti non c’è traccia. Alcune critiche, a dire il vero, sono arrivate dal Corriere, ma più che altro per la questione relativa alla vendita, o meglio alla svendita, delle quote del gruppo che appartengono ad Fca. Resta il paradosso, i più grandi giornali italiani che non raccontano i propri affari. La questione che passa incredibilmente in secondo piano è che la fusione tra Espresso e Itedi non potrà certo lasciare immutato il panorama dell’editoria sotto tanti aspetti.
Ma allora cosa bolle in pentola nel mondo dei quotidiani italiani? C’è davvero l’obiettivo, o magari il pericolo, di arrivare ad un modello di “editore unico”? O si cerca di creare grandi poli dell’informazione, o della disinformazione, per provare a strappare accordi convenienti con i veri colossi della comunicazione (Google o Apple)?
In questo quadro, il sito L’ultima ribattuta pubblica un interessante approfondimento sul mercato dei quotidiani del centrodestra: a breve, il 15 marzo, si saprà se è andato in porto il “matrimonio” tra il quotidiano Libero, controllato dalla famiglia Angelucci, ed Il Tempo.
Ormai da un po’ raccontiamo della crisi della storica testata romana, in liquidazione presso il Tribunale civile capitolino. L’unica offerta pervenuta finora sarebbe della famiglia Angelucci (tra i 12,5 ed i 15 milioni di euro). Il piano aziendale prevederebbe il taglio di 19 giornalisti sui 34 attualmente in organico.
È davvero pensabile di mandare avanti un giornale come Il Tempo in questo modo? Per ora questa è solo un’ipotesi, ma sindacato e associazioni hanno già iniziato a farsi sentire e se l’offerta dovesse essere accettata ed il piano andare in porto, sicuramente se ne riparlerà.
Quel che si dice oggi è che Vittorio Feltri dovrebbe essere il nuovo direttore editoriale, mentre l’attuare direttore responsabile Gian Marco Chiocci potrebbe mantenere la sua carica. Ma la redazione milanese potrebbe soppiantare quella romana per le notizie nazionali.
Insomma, dopo gli Agnelli e i De Benedetti (senza dimenticare gli altri membri di questa famiglia allargata, come i Perrone), potrebbe a breve essere celebrata anche l’unione tra i giornali di centrodestra. Ma chi altro si prepara a convolare a nozze? Indiscrezioni parlano del Corsera e del Sole 24 Ore, c’è poi chi parla dell’intenzione di Caltagirone di creare un network di testate in grado di coprire tutto il Paese. Ma anche Telecom con la banda larga potrebbe pensare di alzare la voce.
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