La Mondadori vuole ristrutturare la divisione periodici e nomina Ernesto Mauri nuovo ad. Ma la casa editrice di Segrate ha già chiuso 4 testate e previsto 100 esuberi. Rcs si accorda con le banche per rimodulare il debito di 875 milioni. Ma a condizione che degli eventuali ricavi del gruppo vengano utilizzati per abbattere il deficit anche prima della scadenza riformulata. Intanto i soci di Rcs discutono una ricapitalizzazione di 400 milioni e di 800 esuberi tra Italia e Spagna. Il gruppo Espresso resiste alla crisi. E chiude il 2012 con un utile di 21,8 milioni. Monica Mondardini, ad della società, ha affermato che per resistere bisogna «ridurre ancora i costi, aggregare le strutture e pensare al web come nuovo modello di business». Intanto negli Usa il magnate Warren Buffett investe 344 milioni di dollari nell’editoria quotidiana.
Ma procediamo con ordine.
Partiamo dalla Mondadori, il cui cda pochi giorni fa ha nominato il suo nuovo amministratore delegato. Si tratta di Ernesto Mauri. Accenniamo un breve profilo del nuovo ad. Classe 1946, laureato in Economia e Commercio, Mauri ha iniziato la sua carriera nel mondo dell’editoria come direttore generale della Rusconi. Poi entra in Mondadori a capo della divisione periodici. Nel 2000 entra in Telecom come ad di La7. Nel 2003 è manager della Cairo Communication (concessionaria della pubblicità di Timedia). Nel 2007 rientra nella casa editrice di Segrate come presidente e direttore generale di Mondadori France. Dal novembre nel 2012 è stato richiamato in Italia a guidare la ristrutturazione della divisione periodici. Ma mantenendo l’incarico transalpino.
Mauri prende il posto di Maurizio Costa. Il quale lascia Mondadori dopo 16 anni di carriera. Costa è stato salutato con i soliti ringraziamenti di rito. Il passaggio tra il vecchio e il nuovo ad avverrà il 20 marzo, data dell’approvazione del bilancio del 2012. Ma Costa non rimarrà disoccupato. Anzi, avrà uno scatto di carriera: diventerà vicepresidente della Fininvest, la holding della famiglia Berlusconi che controlla la stessa Mondadori.
Il cda della casa editrice vuole dare un segnale di discontinuità. Ma, nello stesso tempo, ha volto scegliere una professionalità, come Mauri, già interna al gruppo. La Mondadori, da qualche mese, sta portando avanti un deciso piano di riorganizzazione. A partire da una riformulazione dei periodici. E non è esclusa una sinergia editoriale con Mediaset, emittente che fa capo a Fininvest.
In effetti Mauri conosce bene sia il mercato dell’editoria che quello la tv. Ha infatti, come già detto in precedenza, lavorato sia in case editrici (Rusconi e la stessa Mondadori), sia in emittenti tv (La7) che in concessionarie per la pubblicità (Cairo Communication).
«In azienda conosco tutti. Da ad riuscirò a realizzare al meglio i progetti che ho in mente. Anche in un momenti di crisi si possono fare tante cose», ha dichiarato Mauri. Intanto la situazione economica della Mondadori non è del tutto rosea. La controllata Fininvest ha chiuso i primi 9 mesi del 2012 con un fatturato di 1,4 miliardi di euro (nel 2008 era di 2 miliardi), con un utile di 16,1 milioni (- 63,5% rispetto allo stesso periodo del 2011). Infatti la direzione, nei mesi scorsi, è corsa ai ripari. E ha già annunciato la chiusura di 4 periodici. Si tratta di Casa Viva, Men’s Health, Panorama Travel, Ville e Giardini. La casa editrice con sede a Palazzo Niemeyer ci concentrerà su Grazia e Panorama, due riviste che hanno molto seguito. Inoltre si parla anche di 100 esuberi su un totale di dipendenti che si aggira sui 3.743 unità. Inoltre è in atto un piano di riduzione dei costi generale (dalla dirigenza alle tipografie) di circa 20-25 milioni. Una cifra da utilizzare per lo sviluppo del digitale, su cui si spera di ricavare, nel prossimo futuro, oltre 100 milioni di euro all’anno. Riuscirà Mauri a rispettare le attese? Vedremo.
Passiamo ora a Rcs.
Il gruppo che edita il Corriere della sera e La Gazzetta della Sport starebbe finalizzando un accordo con le banche (Intesa, Ubi e Unicredit) per la riprogrammazione del debito. Il quale a fine settembre era di 875,6 milioni di euro. In altre parole le banche allungherebbero la durata di una parte del debito (si parla di 750-800 milioni) a tre anni.
Ma ci sarebbe una precondizione. Rcs, che si sta procedendo con una decisa politica di riduzione dei costi, dovrà utilizzare gli eventuali prossimi proventi per abbattere il debito prima della scadenza del triennio. E non per finanziare la gestione o per investimenti.
Ciò significa che se i vertici del gruppo che edita Il Corriere della sera e La Gazzetta della Sport dovessero decidere di vendere gli immobili di Via Solferino e di Via San Marco (sedi storiche della redazione), oppure se ci dovessero essere dei sopraggiunti profitti derivanti dalla vendita di periodici, tali risorse dovranno essere utilizzate per pagare il debito, anche se riprogrammato e con scadenza allungata.
Sarà decisivo il prossimo cda di Rcs. Il quale dovrebbe avvenire entro l’11 marzo. In tale data si dovrà discutere anche della ricapitalizzazione da parte dei soci. Si parla di 400 milioni subito. E di 250-300 in un secondo momento, magari spalmati in più mesi. E poi c’è la dolorosa questione degli esuberi. Tra Italia e Spagna sono a rischio circa 800 posti di lavoro su un totale di 5 mila dipendenti.
Intanto il gruppo Espresso riesce a sopportare la crisi.
L’impresa editoriale che fa capo alla holding Cir ha chiuso il 2012 con un utile netto di 21,8 milioni. Una somma pari a circa un terzo di quanto incassato nel 2011: 60,6 milioni. La società ha registrato un calo dell’utile del 64%. Inoltre i ricavi totali sono calati dell’8,7% e si sono attestati su 812,7 milioni.
Tuttavia in un momento di profonda crisi del settore dell’editoria chiudere un bilancio in utile è comunque un successo. E il cda del gruppo, per prudenza e responsabilità, proporrà ai soci di non distribuire dividendi per il 2012. I quasi 22 milioni di utili andrebbero nella riserva.
La ricetta della “resistenza” del gruppo che edita La Repubblica è spiegato dall’ad Monica Mondardini: «Il 2012 è stato un anno difficile». In effetti gli investimenti in pubblicità sono scesi del 10,9%, pari a 476 milioni. Anche se la media nazionale si aggira su un -14%. Sono calati anche i proventi delle vendita: -3,7% pari a 261 milioni. «Ma noi abbiamo resistito chiudendo in utile. Tuttavia il 2012 sarà un altro anno duro. Quindi dovremo ridurre ancora i costi e investire nel digitale».
E ancora la Mondardini ha una sua idea dell’editoria del futuro: «La foliazione in Italia è troppo abbondante rispetto alle grandi testate estere. Servono giornali più compatti. E anche le strutture commerciali, produttive e logistiche vanno aggregate. Prima o poi contenere le spese non sarà sufficiente. Bisogna generare nuovi ricavi. E per questi sarà importante l’online. Il web è una grande opportunità, ma non nell’immediato».
Ritornando ai numeri, il gruppo Espresso ha potuto resistere alla crisi anche perché edita il più letto quotidiano nazionale: La Repubblica. Tale testata è la più venduta nelle edicole con 3 milioni di lettori. E sul web Repubblica.it è il primo sito di informazione italiano con oltre 2 milioni di utenti giornalieri (+5%). E nel 2012 i siti dell’intero gruppo hanno raggiunto i 2,4 milioni di utenti al giorno (+7%). Infatti la raccolta web è aumentata del 14% (ben oltre il dato medio del settore pari al +5,3%).
E anche il periodico l’Espresso non è da meno. Il settimanale vanta 2,5 milioni di “fedeli”, raggiungendo il primo posto tra i suoi concorrenti.
Ma nonostante ciò anche al gruppo Espresso sono necessari i tagli, nonostante il debito sia sceso da 110 milioni a 108 nel 2012. Ad esempio i costi totali sono stati ridotti del 2,4%. Ed escludendo le attività di lancio sul web il risparmio “sale” a -5% per la razionalizzazione delle attività industriali e amministrative. E anche i dipendenti (che a fine 2012 sono 2.536, inclusi anche i contratti a termine) sono diminuiti di 137 unità rispetto al 2011.
Insomma il quadro generale dell’editoria italiana non è certo dei migliori. “Cercasi sviluppi”.
E forse qualche segnale di speranza viene da oltreoceano. Warren Buffett, un imprenditore statunitense tra i più ricchi del mondo, nonché ad e presidente della Berkshire Hathaway, una holding che spazia in diversi settori con una capitalizzazione di 250 miliardi di dollari, sta investendo nell’editoria quotidiana.
Buffett è noto per la lungimiranza industriale e per l’abilità nel rivalutare società in declino. «I giornali sono importanti per le comunità locali. Forniscono una informazione preziosa. E se funzionano su internet saranno redditizi ancora per molto tempo», ha sentenziato Buffet, noto anche come l’oracolo di Omaha (dal nome della città di fondazione della Hathaway). Dalle parole ai fatti. Buffett, nel 2012, ha investito 344 milioni di dollari in giornali. E, partendo dagli ultimi 15 mesi, ne ha acquistati ben 28. Sarà un buon segno?