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Molise. Il punto sulla crisi dell’editoria e dell’informazione

La crisi del settore editoriale molisano continua a manifestare segnali drammatici e preoccupanti. Ieri l’altro, il quotidiano “I Fatti” ha cessato la pubblicazione. Due giornalisti assunti, unitamente ad alcuni collaboratori, sono disoccupati. A loro la vicinanza, quella praticata in concreto anche durante l’attività della testata, dell’Assostampa del Molise . L’elenco dei posti di lavoro persi è lungo. In principio fu Nuovo Molise con i suoi 24 giornalisti assunti e 15 Co.co.co., poi La Voce (8 contrattualizzati e una decina di unità esterne), quindi il ridimensionamento attuato da altre testate.Le aziende strutturate possono contare su una serie di ammortizzatori sociali che leniscono in parte le difficoltà gestionali momentanee e la perdita del lavoro: Contratto di solidarietà sostenuto dall’Inpgi, cassa integrazione ove ne ricorrano le condizioni, assegno di disoccupazione del nostro istituto di previdenza che, unico nel suo genere, copre il lavoratore per 24 mesi e assistenza sanitaria integrativa Casagit sempre per due anni. Il welfare di categoria è il migliore sul mercato, ma presuppone la regolarizzazione del personale, che nella nostra regione è rara. Le cause della crisi del settore sono profonde e meritano analisi appropriate, non commenti superficiali e conditi da basso populismo. Il crollo della pubblicità e delle vendite, il digitale, l’esplosione della rete e l’ibridazione della Tv con internet sono i fattori generali che si aggiungono ai deficit locali: imprese sottocapitalizzazione, piani industriali assenti, scarsa professionalità, formazione inesistente, mancanza di contratti di lavoro, management inappropriato, gestione politica “ad aziendam” dei fondi pubblici. Si ritiene, infatti, che la visione strategica di mercato, il background professionale e le risorse economiche, non siano caratteri essenziali di una impresa che si occupi di informazione. Il nostro mercato solidamente “tutelato” dalla politica, genera un numero spropositato di testate (4 quotidiani, 5 Tv, diversi siti web e periodici), che producono un surplus di offerta informativa e distorsioni della concorrenza (chi utilizza lavoratori in nero, ad esempio, può permettersi spazi pubblicitari a prezzi più bassi). L’intervento pubblico a sostegno del pluralismo informativo, che l’ASM sostiene con forza, può rappresentare l’argine decisivo contro questa deriva, ma ovviamente è solo uno dei tasselli di un processo di ristrutturazione più complesso, che coinvolge le aziende e i giornalisti. Il sostegno della legge regionale che il sindacato dei giornalisti auspica e che è in itinere deve essere selettivo, con regole strette, per alimentare un circuito virtuoso per quanto riguarda gli assetti delle redazioni e i rapporti di lavoro. L’attuale legge regionale per la carta stampata, invece, contribuisce a violare le leggi, inquinare il mercato e la concorrenza. Assegnare soldi a tutti, senza alcun criterio, non risolve, anzi aggrava la crisi in atto. Il disegno di legge, che ha iniziato il suo iter in quarta commissione, al di là di inconcludenti interventi fondati sulla assoluta ignoranza della materia, resta l’unico testo esistente, equilibrato e ponderato dopo anni di studi e approfondimenti. In assenza di altre proposte altrettanto studiate e approfondite, si proceda al più presto alla sua approvazione. Ma, come già detto, la legge sul pluralismo dell’informazione non è la panacea di tutti i mali. Resta, infatti, l’abnorme domanda di lavoro che deriva da 630 giornalisti iscritti all’Albo del Molise. Se è vero che le barriere all’entrata sono difficili da erigere, l’ordine è obbligato a cancellare dagli elenchi chi non ne ha più diritto, semplicemente seguendo il dettato della legge 69 del 1963. Per quanto riguarda, infine, le proposte demagogiche sulle assunzioni Rai riportate in qualche comunicato stampa, l’Asm invita i giornalisti molisani a non cadere nella trappola del più becero e mediocre campanilismo, innesco irresponsabile per un’avvilente guerra fra poveri (ovunque siano nati) nella categoria. Un modo irresponsabile per innescare la guerra nella categoria. Vere e proprie bugie, quelle sulla pretesa di ipotetiche “quote regionali”, vietate dalla legge e dall’Ue, lanciate allo scopo di creare consensi, conservare privilegi e prebende derivanti dalla carica ricoperta; questo benchè la professione svolta da Vincenzo Cimino, propalatore della “quota” molisana sulle assunzioni Rai, non sia quella giornalistica. Al populismo spicciolo, a cui si ricorre quando non si hanno argomentazioni solide, l’Assostampa del Molise risponde con le conquiste, le tutele e le proprie strutture, quale unico e valido riferimento per i giornalisti molisani.

Assostampa Molise

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