MIMÌ, STATTE BUONO, STATTE BUNARIELLO…(IN RICORDO DI ANTONIO GHIRELLI)

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“Mi raccomando, insisti con i grafici. Devono trovare una soluzione…Devono cambiare carattere, ed i commenti devono essere più brevi…” mi diceva al telefono lunedì scorso, 26 marzo. Nella solita telefonata del lunedì. Un appuntamento che si rinnovava dal lontano novembre del 2001 quando gli avevo confidato che eravamo pronti a partire con la grande avventura, un quotidiano per gli italiani all’estero e che volevo i suoi consigli e la sua firma….“Mi piace l’idea – ricordo ancora le sue parole – sei riuscito a mettere insieme un sacco di belle firme, ora ti tocca mantenerle…e questo sarà il problema…Comunque ti faccio un pezzo ogni settimana, va bene? ‘A Maronna t’accumpagna….”
Per dieci lunghi anni, salvo rarissime eccezioni, Antonio Ghirelli ha scritto il suo editoriale sulle pagine di questo giornale. Analisi politiche, economiche, qualche volta commenti anche di sport di un uomo appassionato di calcio e politica, un napoletano verace con il quale ho avuto il privilegio di lavorare per lunghi anni, io giovane”abusivo” e lui direttore del quotidiano sportivo “Il Corriere dello Sport”.
Anni 60-70, grandi firme quelle del Corriere, grandi giornalisti, ma anche grandi uomini: Sergio Neri, Gastone Alecci, Giorgio Tosatti, Vittorio Borgioli, Alberto Marchesi, il “comandante Mas”, Mario Pennacchia, Giuseppe Pistilli, Franco Ferrara, Franco Recanatesi…e il mio inseparabile amico, Ciccio Degni, capo della redazione napoletana. Ghirelli aveva inventato “il mattinale” una sorta di rapporto giornaliero con tutti i “cazziatoni” per chi sbagliava ma anche con tante lodi per che faceva bene, ed una mattina del 1966 ne feci parte anch’io, “abusivo” della redazione napoletana. “Bravo Porpiglia, la tua inchiesta sugli sport minori in Campania ha successo, continua così…. “– aveva scritto “’o direttore”. Pochi giorni dopo intervistai Altafini. Una lunga chiacchierata sul calcio italiano, sulla città di Napoli, sul Brasile… A quel tempo gli articoli per la terza pagina venivano inviati per “fuori sacco” ( ogni sera partiva dalla stazione ferroviaria di Napoli un pacco con articoli vari e non urgenti che veniva consegnato al capotreno e smistati da questo a Roma dove un incaricato del Corriere dello Sport li prelevava). Io volevo portarlo direttamente al direttore Ghirelli, così presi un treno ed andai a Roma. La sede del Corriere era in piazza Indipendenza, a due passi dalla stazione Termini. Arrivai poco prima di mezzogiorno, salutai Borgioli che era il capo delle pagine nazionali e consegnai il pezzo alla segretaria di Ghirelli.
“Vorrei vedere il direttore”, le dissi. “Ora è impegnato aspetta…” Passarono due ore, due ore e mezza ma dal direttore nessuna risposta. Alle 3 del pomeriggio mi avvicinai alla stanza di Ghirelli e chiesi alla segretaria se potevo entrare. “Aspetta”, mi disse, e dopo aver parlato al telefono con Ghirelli mi disse “Il direttore è occupato mi ha detto di dirti che il pezzo non era buono, devi riscriverlo…” E come faccio, pensai? Come potevo ricordare le risposte di Altafini? Rientrai da Borgioli e mi misi a scrivere….Imbruniva quando consegnai il pezzo….E aspettai… Ghirelli uscì dalla stanza verso le undici, mi chiamò e mi disse: “Riscrivi il pezzo non va bene”. Ma come? Riscriverlo quando è già notte?? La gran parte dei giornalisti stava andando via… Mi rimisi alla macchina da scrivere e cominciai a battere i tasti della vecchia Olivetti con una rabbia pazzesca… Alle due avevo finito, ma non c’era più nessuno. Troppo tardi per prendere un treno, così mi addormentai sulla sedia, i piedi stesi sul tavolino. Alle sette del mattino arrivarono le donne della pulizia, io scesi a prendere un caffè e mentre risalivo rividi Ghirelli. Arrivava tutti i giorni prima delle otto, leggeva tutte le edizioni del giornale e poi dettava alla segretaria il famoso “mattinale”. Finalmente alle 10 e 20 – lo ricordo benissimo – entrai nella sua stanza. “Caro Porpiglia devi riscrivere l’intervista, non va bene…” mi disse. “Ma direttore, è la quarta volta, cos’è che non va? Era uno scoop, Altafini mi aveva detto che voleva andare via da Napoli. Ce l’avevamo solo noi, ora che la scrivo a fare, sicuramente parlerà con altri colleghi….E poi sono stanco, ero venuto soprattutto per conoscerla di persona, non è stata una bella idea…Mi dica la verità, è meglio che mi affretti a prendere la laurea e poi a fare l’avvocato o il magistrato. Forse il mestiere di giornalista non è per me….”. Ghirelli mi guardò, poi mi disse: “Hai visto il giornale? Il primo pezzo era ottimo. Sei in prima pagina…bravo!”
A distanza di molti anni mi spiegò perché mi fece riscrivere quel pezzo… “Ci vuole molta umiltà e tu non ne avevi, così ti ho punito….”
Quanti anni, quanti ricordi, quante volte gli ho chiesto consigli: sul giornale, sui giornalisti, sulla vita…
Andavo spesso a trovarlo, “’o direttore”, soprattutto negli ultimi tempi, quando un male incurabile gli strappò Barbara, la sua adorata compagna. “Da quanto è morta mia moglie sono morto pure io. Vivo soltanto quando scrivo o leggo o quando parlo, come in questo momento con te. Ma una mia vita indipendente non c’è l’ho più. Sessantasei anni di matrimonio. Diventa come respirare….” mi disse qualche anno fa.
Continuava a scrivere, a leggere, con l’entusiasmo di sempre, lo stesso entusiasmo che ha sempre messo nel lavoro, la straordinaria carica che riusciva a trasmettere a tutti noi. Un uomo vulcanico, di intelligenza vivace ed ironia sottile, legato alla nostra Napoli da un vincolo affettuoso indissolubile. Veniva spesso a scrivere la “partita” degli azzurri. Andavamo a prenderlo alla stazione Ciccio ed io. Arrivava sempre alle 10 del mattino: un salto in redazione, il caffè da Caflish a via Caracciolo, poi a pranzo dalla “Signora” a Mergellina, dove trovavamo tutti gli altri “inviati” e “direttori”: Giglio Panza, qualche volta il suo amico-rivale Gianni Brera, Gualtiero Zanetti e l’immancabile ingegnere Di Nanni. Una volta al San Paolo i tifosi gli chiedevano l’autografo. Memorabile una sua battuta quando apparve sulla curva uno striscione con la scritta “Didì, Vavà Pelè site ‘a guallera e Cane’ ”, Ghirelli si rivolse a Ciccio Degni e gli disse: “Come faccio a scriverlo?”. I libri che ha dedicato a Napoli contengono pagine di letteratura straordinaria. Passerà alla storia per il giornalista che ha portato delle importanti innovazioni ai quotidiani, traendo spunto dal forte impatto che esercitavano mezzi di comunicazione tecnologici, quali TV e Radio, rivisitando il giornale sia nella grafica, adottando titoli ad effetto e dalle grandi dimensioni in modo da attrarre l’attenzione dei lettori e sia inserendo nella sua redazione, giovani giornalisti, come ha fatto con Sergio Neri e Giorgio Tosatti, in modo da accattivarsi anche gran parte del pubblico giovanile.
Al Corriere dello Sport ideò uno spazio bisettimanale di due pagine Forza, ragazzi!, curato per cinque anni da Mario Pennacchia e Gastone Alecci, che ospitava articoli ed interviste di scrittori e di intellettuali, quali ad esempio Luigi Compagnone e Luigi Silori, su temi di interesse giovanile, non necessariamente legati allo sport. Anche gli argomenti del giornale si fecero più invitanti, cominciarono a spaziare anche in altre sfere esterne allo sport, ma di forte interesse popolare, come ad esempio la politica o l’attualità.
Il Corriere dello Sport, proprio in quegli anni finì per diventare il quotidiano più venduto nel Sud Italia, in piena contrapposizione con La Gazzetta che invece rappresentava i lettori del Nord. Il calcio oramai aveva preso in tutte le testate sportive italiane la maggior parte dello spazio.
In questi ultimi tempi Antonio era molto addolorato per la crisi che sta colpendo l’Italia. “Non stanno facendo niente.- mi diceva – Un po’ non ci sono i mezzi, perché c’è la preoccupazione del debito pubblico. Un po’ loro hanno lasciato che col cambio dell’euro, che tutta l’Europa ha accettato e che in Europa non ha dato nessuno di questi effetti, qui fosse lecito a tutti i commercianti rincarare selvaggiamente. Una tazza di caffè costa duemila lire: è possibile? Se tu cacci un euro, ti danno venti centesimi che tu lasci come mancia e hai speso 1750 lire pe’ nu cafè! In proporzione così è il cibo, così è la casa, così è il treno, così è la benzina. Tutto”. Ma la solitudine dovuta alla morte della sua Barbara lo stava prostrando sempre di più. “Leggo in solitudine, in un’ora tranquilla, aiuta moltissimo a riflettere – mi diceva – Prova ad andare a leggere un testo. Penso a Croce. Dico Croce perché, secondo me, insieme a Freud, sono i più grandi scrittori. Non pensatori. Come pensatori sono discutibili. Prova a leggere il diario di Croce. Ti dà una conoscenza diretta, è come se tu lo ascoltassi. È il piacere della serenità della lettura, del tempo della solitudine. Solitudine che viene rotta anche dal tasto del computer. Considerando la società che abbiamo di fronte, in Italia quella seguita alla prima Repubblica e, nel mondo, quella seguita alla crisi finanziaria e al crollo del comunismo, questa possibilità di ricchezza di informazione, di scambio di informazione ha portato tutti all’inseguimento del successo e del clamore ma non ha portato a una maggiore completezza. Tu pensa a quanto è stato sottile, quanto è stato machiavellico, direi nel senso più alto della parola, quello che hanno fatto De Gasperi con i valori religiosi e Togliatti con i valori comunisti. Hanno utilizzato quei valori, ci credevano enormemente perché tutta la loro vita lo dimostra, però hanno saputo giocarli con chi non ci credeva, perché poi è lecito non crederci”. Ha amato Napoli e i napoletani in maniera quasi parossistica. “Ti voglio dire di cosa sono capaci i Napoletani quando sono buoni – mi raccontò qualche mese fa – Il preside del Ginnasio – Liceo San Nazzaro, una scuola del Vomero che tu conosci senz’altro, durante il periodo fascista, ha fatto una classe per ebrei. Con ragazzi ebrei e insegnanti ebrei. Ha avuto il coraggio. Ecco di cosa sono capaci i napoletani”. Profondo e raffinato conoscitore della politica, della società e grande amante dello sport, Ghirelli ha sempre manifestato apertamente il proprio pensiero, anche quando si è trattato di andare contro corrente.
“Lo sai perché continuo a scrivere sul tuo giornale anche se ora non puoi più pagarmi come prima? – mi disse pochi mesi fa quando gli spiegai i problemi che stiamo attraversando con i tagli ai contributi della stampa all’estero – Mi piace Gente d’Italia perché non è ne’ di destra, ne’ di sinistra e nemmeno del centro, e perché dai spazio a tutti, senza censurare mai nessuno. Continua così e mi raccomando, non perdere le belle firme, accontenta sempre i Caretto, Cucci, Carratelli…Mimi’ non ti fermare, chi si ferma è perduto. Guarda me, continuo a lavorare con la morte nel cuore ma lavoro, anche per gli altri.. Statte buono Mimi’, statte bunariello…”
Lunedi 26 marzo gli parlai soprattutto del Napoli, di Cavani, del terzo posto che la squadra di Mazzarri insegue…gli chiesi se se la sentiva di scrivere qualcosa proprio sulla squadra del Napoli…E lui mi rispose: “Se ne stanno scendendo, è come se non tengono più cuore….Mimi’ me ne sto scendendo pur’io, lascia sta’ non ce la faccio a scrivere….Mimi’ statte buono, statte bunariello…”
Ciao Direttore, ciao grande Antonio, grande grande grande…Ma con chi parlerò più il lunedì pomeriggio???

Mimmo Porpiglia (da La Gente d’Italia)

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